Scopo di questo sito

In questo sito troverete tutto ciò che non è stato mai detto relativamente alla vicenda delle Bestie di Satana.

Troverete i documenti originali del processo, scaricabili liberamente.

Le versioni di persone cui non era mai stata data voce fino ad oggi.

E una visione dei fatti completamente diversa da quella - ormai uniforme ma completamente falsa - dei mass media ufficiali.

Forniremo inoltre aggiornamenti periodici sulla vicenda.

mercoledì 6 febbraio 2013

Bestie di Satana. Istanza di revisione.



Atto di Revisione

Avvocato: Paolo Franceschetti, del foro di Viterbo, con studio in Proceno, Località Poggio Bernaglia, come da procura speciale allegata

Per Paolo Leoni, nato a Milano il 20.2.1977, detenuto nella casa circondariale di Sanremo, Via Valle Armea, come da procura speciale allegata.

Avverso:
sentenza di primo grado della Corte di Assise di Busto Arsizio n. 1 del 31.1.06, dep il 2.5.06
sentenza di secondo grado della Corte di Assise di Appello di Milano, n. 21 del 15.5.07 dep il 25.7.2007
Cassazione del 6.5.2008 n. 32851



Premessa.
La posizione di Paolo Leoni.
Metodo di esposizione e sintesi del del materiale probatorio

Le nuove prove.
Le lacune nella ricostruzione. Le macchie di sangue sugli abiti.
Le prove relative all’omicidio Marino Tollis.
Inverosimiglianze del racconto di Volpe. Incompatibilità dei fatti con lo stato di tempo e di luogo.
Altre incongruenze nel racconto di Volpe, Maccione e Guerrieri.
I reperti trovati nella buca di Somma Lombardo: i filtri di sigaretta.
Il problema delle droghe e della capacità di intendere e di volere dei presunti assassini.
Conclusioni sull’omicidio Marino Tollis.

Gli omicidi collaterali: le morti di Grasta, Ballarin, Molla, e la scomparsa di Frigerio.
Omicidio Ballarin.
Omicidio Grasta.
Suicidio Molla
Scomparsa di Christian Frigerio.

Le indagini e il processo. Le lacune
La testimonianza di Patrizia Silvestri e la sua successiva morte.
Mancato sequestro e mancata analisi del giubbotto di Nicola Sapone
Mancata verifica della compatibilità del racconto di Volpe e Maccione con lo stato dei luoghi di Somma Lombardo.

Conclusioni.

Allegati.


  1. Premessa



Con il presente atto si intende chiedere la revisione del processo denominato comunemente “Bestie di Satana”.

Il processo ha ad oggetto 3 omicidi (Fabio Tollis, Chiara Marino e Mariangela Pezzotta) e un’istigazione al suicidio (Andrea Bontade).

Imputati erano Paolo Leoni, Eros Monterosso, Marco Zampollo, Nicola Sapone, Andrea Volpe, Pietro Guerrieri, Mario Maccione, Massimiliano Magni ed Elisabetta Ballarin (questi ultimi tre minorenni ai tempi del processo e quindi giudicati con rito separato).

Le condanne definitiva (più aspre rispetto a quelle comminate in primo grado) sono state le seguenti:
Paolo Leoni, ergastolo, per l’omicidio di Chiara Marino e Fabio Tollis, assolto per quanto riguarda l’omicidio di Mariangela Pezzotta e la morte di Andrea Bontade.
Nicola Sapone: due ergastoli.
Eros Monterosso: 23 anni e due mesi
Marco Zampollo: 29 anni.
Andrea Volpe: 20 anni
Mario Maccione 19 anni e mezzo
Pietro Guerrieri, 12 anni e 8 mesi.
Elisabetta Ballarin 23 anni
Assolto invece Massimiliano Magni.

La posizione di Paolo Leoni.
Per quanto riguarda in particolare la posizione di Paolo Leoni, c’è da sottolineare come costui sia stato condannato all’ergastolo in secondo grado (rispetto ai 26 anni comminati in primo grado), per i primi due omicidi, quello di Fabio Tollis e Chiara Marino, ma che il ruolo a lui attribuito nella vicenda è stato quello di mero istigatore, e MAI di esecutore materiale.
Infatti, in questa storia, gli esecutori materiali dei delitti coincidono con i rei confessi e viceversa; gli altri, gli accusati, non avrebbero MAI preso parte materialmente agli omicidi, e tra questi Paolo Leoni.
Le prove a carico di Paolo Leoni, come si evince agevolmente dalla lettura degli atti processuali, sono state unicamente le dichiarazioni dei collaboranti, ovverosia Volpe, Guerrieri e Maccione.
I riscontri esterni alle accuse, invece, sono costituiti principalmente dai seguenti elementi:
- il ritrovamento a casa di Paolo Leoni di una serie di oggetti che, secondo gli inquirenti, sarebbero stati tipici degli adepti del satanismo, quando in realtà, essendo il Leoni (e gli altri ragazzi coinvolti) un fan della cosiddetta musica metal, tali oggetti erano in tutta evidenza riconducibili alla passione per questo tipo di musica. Come si può facilmente evincere anche con una semplice ricerca su internet, digitando la voce “metal” su google, questo tipo di musica fa spesso riferimento a concetti esoterici, magia, oltretomba, e ovviamente anche satana, e compaiono simboli quali teschi, croci (rovesciate e non). Anche i nomi di molti complessi famosi richiamano spesso (ma non sempre, potendone richiamare anche alcuni del tutto opposti) concetti e simboli magici e/o satanici: Deicide, Sepultura, ecc. sono solo alcuni dei nomi che ricorrono tra i gruppi di musica metal.
- Nelle intercettazioni telefoniche disposte a carico di Leoni e degli altri soggetti coinvolti i ragazzi non hanno mai fatto riferimento ad alcun delitto, né c’è mai stata non solo alcuna ammissione di colpa, ma neanche alcun comportamento in qualche modo riconducibile a un loro coinvolgimento nei fatti addebitati. Questo, secondo le varie ricostruzioni, sia giudiziali che mediatiche, era la dimostrazione della freddezza dei ragazzi e del loro lucido perseguimento di un piano prestabilito. Non si è pensato invece ad una spiegazione più semplice, cioè che nelle intercettazioni non sia emerso alcunché per il semplice fatto che i ragazzi (Leoni, Monterosso e Zampollo) erano assolutamente estranei ai fatti addebitati.

Si fa presente, infatti, che dal momento in cui in TV tutti i telegiornali hanno iniziato a parlare della vicenda, subito dopo l’omicidio di Mariangela Pezzotta nel gennaio 2004, e fino alla data del suo arresto, Paolo Leoni avrebbe avuto tutto il tempo di tentare una fuga; al contrario, Leoni ha continuato a lavorare, mostrando sempre serenità e tranquillità, certo allora (come oggi) che la sua estraneità sarebbe emersa sicuramente al processo.
Si noti questo particolare, secondario ma significativo: l’arresto di Volpe avviene nel gennaio 2004, mentre Paolo Leoni verrà arrestato il 28 luglio del 2004; in quei mesi si erano succedute frenetiche le vicende dell’arresto di Maccione e Guerrieri, il ritrovamento dei cadaveri di Fabio e Chiara, e la vicenda era finita su giornali, telegiornali, e addirittura alla trasmissione “Chi l’ha visto”, che aveva fatto i nomi dei futuri arrestati: Leoni, Monterosso, Zampollo.
In quei sei mesi – se Leoni fosse stato colpevole e le Bestie di Satana fossero state realmente una setta - avrebbe avuto tutto il tempo di capire che rischiava anche lui l’arresto, e tentare una fuga. Invece nulla di tutto questo succede, Leoni rimane al suo posto di lavoro, e continua la sua vita con tranquillità.

Nel corso dell’esposizione dimostreremo inequivocabilmente l’innocenza di Paolo Leoni, nonché degli altri coimputati Eros Monterosso, Marco Zampollo e Nicola Sapone.
Dimostreremo infatti la loro totale estraneità ai fatti e contemporaneamente la totale inattendibilità delle confessioni dei tre coimputati Andrea Volpe, Mario Maccione e Pietro Guerrieri.

Metodo di esposizione e sintesi del materiale probatorio.
Essendo la vicenda in esame molto complessa, si rende necessario anticipare i criteri con cui verranno esposti i fatti e le nuove prove emerse nel corso di questi anni.

In primo luogo è bene premettere che questa difesa, di tutta la vicenda processuale, si occuperà principalmente degli omicidi Tollis – Marino, essendo stato condannato Paolo Leoni solo per questi reati, ed essendo stato riconosciuto estraneo alle altre vicende.

Daremo conto delle nuove prove emerse nel corso degli anni valutandole alla luce dei fatti così come sono stati raccontati nel corso del processo principale. A quel punto risulterà evidente che gli assassini di Fabio Tollis e Chiara Marino sono da ricercare altrove, e che Volpe, Maccione e Guerrieri, hanno inventato di sana pianta una storia, per ragioni che non spetta a questa difesa individuare ma che sarebbe interessante approfondire.

Purtroppo, trattandosi di una vicenda che comprende 4 omicidi per i quali è stata emessa condanna passata in giudicato, e altri 14 omicidi, per i quali in alcuni casi sono stati aperti ulteriori procedimenti per omicidio terminati con l’archiviazione, per altri essendoci procedimenti ancora aperti, e altri ancora per i quali non risulta aperto nessun procedimento, si dovrà procedere evidenziando gli aspetti di maggiore interesse per questa difesa, senza potersi soffermare sui particolari, ognuno dei quali richiederebbe un procedimento a parte.
Inoltre si tratta di una vicenda che si dipana lungo un arco temporale che va dal 1998 (data della scomparsa di Fabio Tollis e Chiara Marino) ad oggi, non essendo la vicenda della cosiddette Bestie di Satana mai conclusa veramente, in quanto essa continua ad interessare non solo i mass media (che frequentemente attribuiscono alle Bestie di Satana ogni crimine inspiegabile commesso in Lombardia) ma anche la magistratura, con procedimenti per omicidio che vengono frequentemente aperti (e spesso richiusi con un’archiviazione)

Sintesi del percorso espositivo e del materiale probatorio.


Prima di iniziare l’esposizione riassumiamo brevemente i principali punti deboli delle versioni fornite da Maccione, Volpe e Guerrieri, relativamente agli omicidi Tollis-Marino, evidenziando le nuove prove e i nuovi fatti sopravvenuti che intendiamo offrire e analizzare in dettaglio nel proseguo.

Tra i fatti nuovi sopravvenuti vedremo come in questi anni Andrea Volpe abbia accusato in particolare Paolo Leoni e Nicola Sapone di altri omicidi, per i quali si sono svolti processi a parte, nei quali è stato dimostrato chiaramente e inequivocabilmente (tanto è vero che a questi processi non è seguita alcuna condanna) che Andrea Volpe ha mentito, consapevolmente. Ora, per valutare la vicenda delle Bestie di Satana, non può non tenersi conto delle ulteriori accuse relative ad altri omicidi – dimostratesi infondate - mosse nei confronti di Leoni e Sapone da Volpe e Maccione; assai improbabile infatti che i due abbiano mentito su alcuni omicidi, e detto la verità su altri.
Più probabile invece che la verità sia tutta da riscrivere.

Per quanto riguarda le nuove prove vedremo che nel 2011 Mario Maccione pubblica un libro, “L’inferno tra le mani”, nelle quali rende dichiarazioni completamente diverse da quelle a suo tempo fornite agli inquirenti prima e nel processo poi. Dichiarazioni che, oltre a rendere evidente la sua propensione a mentire, fornisce ulteriori elementi da cui si può capire chiaramente la totale estraneità ai fatti anche del Maccione stesso; in altre parole si capisce chiaramente non solo che Maccione sta mentendo, ma si riesce a capire altrettanto chiaramente - per una serie di motivi che indicheremo - che lui stesso non può aver partecipato a quegli omicidi di cui pure si autoaccusa. Risulterà quindi, sorprendentemente, l’estraneità anche di Volpe e Maccione all’omicidio Marino-Tollis.

Infine, analizzeremo il contesto di tempo e luogo in cui dovrebbe essere avvenuto l’omicidio. Vedremo come, per la natura del luogo scelto per l’escavazione della buca, è assolutamente impossibile che la buca sia stata scavata dai ragazzi, con i mezzi indicati (pale e picconi).
La buca infatti è collocata tra due grossi alberi; le pareti di essa sono perfettamente allineate (a filo) con due grossi tronchi collocati a mò di colonne di un tempio, ai lati di essa. Era dunque impossibile scavare con mezzi ordinari, essendo invece necessaria una escavatrice meccanica professionale. In quel punto infatti le radici sono intricate e sono spesse anche diversi decimetri di diametro. In sostanza, anziché essere costituito da sola terra, quel punto è un groviglio di radici di notevole spessore, che è assolutamente impossibile rompere manualmente con pale e picconi.
Aggiungiamo a questa constatazione il fatto che la buca – secondo le dichiarazioni dei collaboranti - sarebbe stata scavata di notte, in poche ore, con visibilità ridotta a zero a causa della densità della vegetazione.
E aggiungiamo ancora, come se non bastasse, che i ragazzi che in teoria scavarono la buca erano tossicodipendenti, cosa che riduceva di molto la loro capacità di intendere e di volere, e quindi la loro abilità manuale nel compiere uno scavo come quello.
Non solo. In quei giorni, come risulta dalla tabella del meteo di quel periodo, che si allega, pioveva.
Un’operazione quindi non difficile, ma ASSOLUTAMENTE IMPOSSIBILE.

Analizzeremo poi altri dettagli fondamentali, ma mai evidenziati nel processo, quali i ritrovamenti dello scavo effettuato nella buca di Somma Lombardo dove furono ritrovati i corpi di Chiara Marino e Fabio Tollis, per vedere come ci siano anomalie di non poco conto, come il ritrovamento, a sei anni dalla scomparsa, di alcuni mozziconi di sigaretta, una circostanza impossibile da realizzarsi nella pratica.


La nuove prove

Il libro di Maccione l’Inferno tra le mani.
Nel 2011 Mario Maccione, uno dei rei confessi in questa vicenda, pubblica per le edizioni Piemme un libro in cui racconta la sua versione dei fatti, completamente diversa in punti fondamentali da quella raccontata al processo. Il libro è a cura di Stefano Zurlo e si intitola “L’inferno tra le mani”.

Questo libro – che vorrebbe essere un libro verità e non un romanzo - ha una caratteristica: smentisce molte delle affermazioni fatte durante il processo, mentre per contro ne precisa con maggiore chiarezza altre, permettendo di capire meglio alcuni fatti.
In alcuni punti, invece, Maccione dà una versione completamente diversa rispetto a quanto è stato sempre raccontato non solo da lui, ma anche dagli altri; a titolo di esempio:
  • nel processo, ove verrà data per buona la versione di Volpe, il gruppo di ragazzi che compiva l’omicidio sarebbe stato lucido, e quindi perfettamente capace di intendere e di volere, Maccione compreso; nel libro, Maccione sostiene di essre sotto l’influsso di droghe;
  • indica come Zampollo il leader della setta (Marco Zampollo è il vero cervello del gruppo, scrive Maccione a pag 132), mentre invece in precedenza erano sempre stati indicati Paolo Leoni, Nicola Sapone, o Andrea Volpe a seconda delle versioni.

Le lacune nella ricostruzione. Le macchie di sangue sugli abiti e sul corpo.
Relativamente all’omicidio Tollis-Marino, le prove relative alla responsabilità di Paolo Leoni, Eros Monterosso, Marco Zampollo e Nicola Sapone, sono state fornite essenzialmente dalle confessioni di Pietro Guerrieri, Mario Maccione e Andrea Volpe.

Di tutto il racconto effettuato da Volpe e Maccione, due sono i punti assolutamente inverosimili, da cui evincere che la vicenda è andata in realtà in modo completamente diverso.
Il primo è il racconto dello scavo della buca, di cui ci occuperemo dopo.
Il secondo è il racconto della dinamica del delitto.

Iniziamo dal primo punto.
Raccontano Volpe e Maccione che la sera del 17 gennaio 1998, giunti di notte nel bosco, parcheggiavano l’auto nel sentiero, e si incamminavano a piedi verso la buca.
Seguiva un corpo a corpo in cui Maccione Volpe e Sapone si accanirono sulle due vittime colpendole ripetutamente con un coltello e sfondandogli il cranio a martellate (Guerrieri parlerà di decine di martellate).
Sapone, ad un certo punto, si calava nella buca in cui erano stati gettati i corpi di Chiara Marino e Fabio Tollis, e finiva di sgozzarli.
Ora, occorre tenere presente alcune cose.

La buca era profonda quasi due metri. A tener fede al racconto di Volpe e Maccione occorre ipotizzare che Sapone si sia calato nella buca, e abbia avuto la libertà di movimento di sgozzare i due ragazzi, che erano posizionati uno sopra l’altro, e poi di riuscire a risalire agevolmente, col buio, nell’impossibilità quindi di vedere eventuali punti di appiglio. Se a questa considerazione aggiungiamo che nei giorni precedenti aveva piovuto, e quindi il terreno doveva essere molle e bagnato, e quella sera c’era nella zona una forte nebbia (quindi con un tasso di umidità altissimo) ne risulta l’assoluta inverosimiglianza del racconto.

Quando si commette un omicidio all’arma bianca, a contatto diretto col corpo della vittima, sgorga dalle ferite una quantità di sangue abbondantissima (chiunque si sia fatto anche solo un piccolo taglio affettando il pane, o sbattendo la testa contro uno spigolo, sa bene che a fronte di piccole ferite la quantità di sangue è abbondante; immaginiamo quindi la quantità di sangue che esce dalle ferite da arma da taglio o dallo sfondamento del cranio a colpi di martello). Diversi litri di sangue della vittima vanno quindi a macchiare abiti, scarpe, viso, mani, infiltrandosi nei capelli (ricordiamo a questo proposito che Volpe, che all’epoca aveva i capelli lunghi, narra nei suoi racconti che “il sangue gli schizzava in faccia”).
A ciò dobbiamo aggiungere che, ammesso e non concesso che il Sapone si fosse calato nella buca, si sarebbe sporcato anche di terra e foglie secche, in un mix di sangue, terra e foglie, che avrebbe richiesto poi una pulizia molto accurata. Ricordiamo, come abbiamo già sottolineato, che i giorni precedenti aveva piovuto e quella sera c’era un forte tasso di umidità a causa della nebbia. Se Sapone si fosse veramente calato nella buca, ammesso e non concesso che poi abbia potuto uscirne agevolmente, magari grazie all’aiuto degli amici, ne sarebbe uscito coperto di fango, sangue e foglie, in condizioni tali da non poter poi certamente tornare a casa, in famiglia, come se niente fosse.
Per commettere un omicidio del genere, quindi, l’assassino o gli assassini devono dotarsi di abiti puliti, e commettere il delitto vicino ad un luogo dove poi abbiano la possibilità di lavarsi accuratamente.
Diversamente c’è il rischio che, nel ritorno a casa vengano fermati da una pattuglia della polizia (ricordiamo che, se Volpe abitava nelle immediate vicinanze del bosco, Sapone invece abitava all’epoca a Dairago quindi doveva percorrere oltre 5 km in auto con il rischio, seppur minimo, di essere fermato da una pattuglia; peraltro i ragazzi avevano una sola auto, quindi Volpe avrebbe dovuto dapprima accompagnare Sapone, per poi tornare a casa in un secondo momento).
C’è inoltre la certezza che, senza lavarsi e cambiarsi d’abito, l’assassino lasci tracce di sangue ovunque, sull’auto, sulla porta di casa e sulle superfici con cui egli venga a contatto.
A ciò aggiungiamo che, all’epoca, sia Sapone che Volpe abitavano a casa con la loro famiglia, quindi i familiari avrebbero senz’altro notato, l’indomani, gli abiti sporchi di sangue e le condizioni fisiche dei ragazzi.
A questo proposito Maccione ripete il racconto della notte del delitto nel libro “L’inferno tra le mani”, precisando alcuni dettagli che non aveva raccontato al processo.
Egli, in particolare sottolinea il fatto che l’indomani si era svegliato con il giubbotto di pelle pulito, e che si era limitato a cambiarsi i pantaloni (quindi erano rimaste pulite, a sentir lui, le scarpe, il giubbotto, la maglietta, e il corpo).
In altre parole, stando al racconto di Volpe e Maccione, i tre ragazzi avrebbero commesso l’omicidio, rimanendo con gli stessi abiti indossati durante l’aggressione, sarebbero risaliti in auto, poi tornati a casa, senza lasciare tracce di sangue, senza macchiarsi gli abiti, le scarpe, il viso, o il resto del corpo.
Tale racconto è talmente incredibile da sembrare quasi surreale, ma dimostra, in modo incontrovertibile, la falsità del racconto.
Per completezza precisiamo che il giubbotto indossato da Sapone quella notte non fu mai sequestrato dagli inquirenti per un analisi di laboratorio, e che tale giubbotto è tuttora disponibile per le necessarie analisi.
In conclusione: la sera del 17 gennaio le cose dovettero per forza andare in modo diverso rispetto a quanto raccontato da Volpe e Maccione. Non è dato sapere cosa sia successo, se i ragazzi fossero presenti o no al delitto, se ci fossero altre persone e quante fossero.
Quel che è certo è che il racconto è completamente inventato con particolari non solo illogici, ma assolutamente impossibili da realizzarsi nella realtà.

Le prove relative all’omicidio Marino - Tollis.
Anche se si confrontano le dichiarazioni dei rei confessi con lo stato di fatto dei luoghi in cui avvenne il delitto, è assolutamente evidente che i fatti dovettero svolgersi in modo completamente diverso, e che nessuno degli imputati (neanche Volpe Maccione e Guerrieri) può aver commesso il fatto.
Il racconto dei tre ragazzi, infatti, pur con delle divergenze significative, concorda sul fatto che la buca ove furono seppelliti i cadaveri fu scavata di notte e con il solo ausilio di pale e picconi, che furono forniti da Andrea Bontade (in particolare, quanto alla tempistica, la buca fu scavata in una notte secondo Pietro Guerrieri, due notti secondo Andrea Volpe e Mario Maccione).
Il racconto è assolutamente destituito di ogni fondamento.
La buca è infatti scavata tra due grossi tronchi di albero, come si evince dalle foto allegate. I tronchi sono perfettamente a filo, rispetto ai lati della buca. Ciò significa che il punto dove è stata scavata la buca è esattamente alla confluenza di un intrigo di radici di due diversi alberi di grosse dimensioni; stiamo parlando di un intrigo di radici che possono raggiungere un diametro anche di decine di centimetri.
Nel punto prescelto, quindi, è assolutamente impossibile scavare senza l’ausilio di mezzi meccanici, come una ruspa.
Questa difesa, avvalendosi dell’aiuto di una collega, di vari testimoni (che verranno indicati al momento opportuno nell’eventuale dibattimento) e in particolare della consulenza di Luca Lagrotteria, che professionalmente si occupa di impianto ed espianto di alberi, ha potuto constatare personalmente che in quel punto, ma anche in tutta la zona circostante, è IMPOSSIBILE scavare per più di qualche decina di centimetri.
A questa constatazione dobbiamo aggiungere le considerazione che seguono, che avvalorano ancor di più la tesi secondo cui Volpe e Maccione hanno mentito su questo punto e i fatti devono aver seguito uno svolgimento assolutamente diverso.

Inverosimiglianza del racconto di Volpe e Maccione relativamente alla dinamica dei fatti. Incompatibilità dei fatti con lo stato di tempo e di luogo.
Ammettendo pure che la buca potesse essere stata scavata i due venerdì successivi precedenti all’omicidio, come dice Volpe, o in una sola volta, come dice Guerrieri, occorre ora fare queste considerazioni:
  1. Lo scavo di una buca delle dimensioni idonee a contenere due cadaveri (la profondità della buca raggiungeva infatti quasi i due metri) smuove una quantità enorme di terra, pari a circa due metri cubi.
  2. Nel momento in cui i cadaveri vengono messi dentro alla buca, e questa viene ricoperta, residua una quantità di terra smossa pari alla dimensione dei cadaveri. In altre parole, dopo la sepoltura, accanto alla buca sarebbero rimasto un cumulo di terra di notevoli dimensioni.

Ora, occorre tenere presente che il luogo prescelto per lo scavo della buca non è – come talvolta hanno voluto far credere alcuni programmi TV e alcuni articoli di giornale – un bosco isolato, selvaggio e inaccessibile, bensì un bosco che sorge accanto ad un centro abitato popoloso, meta di persone che quotidianamente, anche di inverno, vi si recano a fare footing, in mountain bike, a cercare funghi, o anche solo per fare passeggiate e portare a spasso il cane. In particolare, dall’ingresso del bosco (ingresso situato proprio sul lato destro del Santuario di Madonna Della Ghianda) fino alla buca, c’è una distanza di circa un km e mezzo.
Il punto prescelto per lo scavo della buca, ma generalmente tutto il bosco, è in prossimità di un sentiero frequentato da persone che vi si recano a passeggio o in bicicletta. Anche se i media hanno sempre presentato questo bosco come un bosco inaccessibile e sperduto (“la foresta qui è vergine” dice Michele Tollis in uno special televisivo sulle Bestie di Satana) la verità è che si tratta di una boscaglia il cui sentiero di accesso è alla destra di uno dei santuari più famosi della zona, ed è frequentassimo; una sorta di giardino per gli abitanti di Somma Lombardo.
Quello che vogliamo dire, quindi, è che ben difficilmente i componenti del gruppo avrebbero potuto scavare la buca manualmente senza che nessuno, anche nei giorni successivi, notasse la terra smossa.
Troppo alto era il rischio che qualcuno, anche solo per curiosità, potesse vedere il cumulo di terra (sia prima che dopo l’omicidio).

Il racconto di Volpe è assolutamente inverosimile anche nella parte in cui sostiene di essere tornato il giorno dopo a versare dell’ammoniaca per evitare che il puzzo dei cadaveri potesse attirare qualche animale.
Le bottiglie con cui Volpe aveva versato l’ammoniaca sono state ritrovate dagli inquirenti, e Volpe le ha riconosciute come le bottiglie che a suo tempo furono lasciate da lui sul posto. Si tratta di due bottiglie di plastica da un litro e mezzo.
Ora, è assolutamente evidente che tre litri di ammoniaca non possono penetrare gli strati superficiali del terreno, arrivare in profondità, ed evitare il puzzo delle decomposizione di cadaveri.
L’ammoniaca avrebbe dovuto essere sparsa fino a coprire una superficie di quasi due metri quadrati e penetrare in profondità. Sarebbero state necessarie, in altre parole, centinaia di litri di ammoniaca per penetrare alla profondità dei cadaveri.

Ma vi è di più. L’ammoniaca non è una sostanza idonea a evitare che l’odore di cadavere arrivi in superficie. E’ noto infatti che sulle tombe occorre spargere della calce viva. L’ammoniaca, non solo non evita l’odore, ma attira gli animali ed è peraltro uno dei prodotti della decomposizione dei cadaveri.
E’ noto infatti che i cani e altri animali marcano il territorio con l’urina, e uno dei componenti principali dell’urina è proprio l’ammoniaca.
Si trascrive di seguito la definizione di ammoniaca tratta dall’enciclopedia (consultabile anche su internet) “Sapere”:
Processo di demolizione progressiva dei composti organici azotati presenti nel terreno sia come prodotti di escrezione degli organismi viventi sia come resti di vegetali, di animali e di microrganismi non più viventi, operato da microrganismi attivi nel terreno agrario fino alla liberazione di ammoniaca, il cui azoto può essere assimilato dalle piante mediante nitrificazione. Il disfacimento dei tessuti morti, spontaneo per autolisi o accelerato dall'intervento di enzimi batterici esterni, provoca la trasformazione per idrolisi dei composti azotati complessi in composti azotati man mano più semplici fino agli amminoacidi; da questi ultimi si arriva alla liberazione di ammoniaca normalmente per deamminazione ossidativa.
Non si capisce quindi come e con che criterio i ragazzi avrebbero scelto di cospargere il terreno di ammoniaca; cioè come e perché abbiano scelto di porre in essere una mossa che aumentava il rischio del ritrovamento dei cadaveri, anziché diminuirlo, specie tenendo presente che Sapone – secondo il racconto ufficiale – “era ossessionato dal delitto perfetto”.

Non resta che concludere, anche su questo particolare niente affatto secondario, che esso sia completamente inventato, oppure che i fatti siano andati in modo diverso rispetto al racconto ufficiale.

Altro punto della ricostruzione assolutamente fantasioso è che lo scavo possa essere avvenuto di notte, nei giorni precedenti al 17 gennaio.
Vediamo perché.
Effettuando un controllo sulle condizioni meteorologiche di quel periodo (ricordiamo che se i bollettini meteorologici sono inattendibili per il futuro, sono invece rispetto al passato assolutamente certi) risulta che nei giorni precedenti aveva piovuto.
In particolare, risultano condizioni di pioggia e freddo intenso sia che si prenda per buona la versione di Volpe (lo scavo è stato effettuato nei due venerdì precedenti alla notte del delitto) sia che si prenda per buona la versione di Guerrieri.
Secondo il racconto fatto da Volpe e Maccione, quindi, lo scavo della buca sarebbe stato effettuato di notte, e con la pioggia.
Ora, chiunque abbia fatto anche solo una volta una passeggiata in un bosco di notte, sa che la visibilità in un bosco è praticamente nulla.
Dovremmo quindi pensare che i 4 ragazzi abbiano scavato la buca in queste condizioni:
- visibilità assente,
- sotto la pioggia;
- sotto l’effetto di droghe.
Ciascuna di queste condizioni è idonea, da sola, a rendere impossibile lo scavo della buca secondo le modalità descritte, e dunque è idonea a scardinare completamente il racconto di Volpe e Maccione e dimostrarne l’inattendibilità; ma che addirittura possano aver concorso queste tre circostanze contemporaneamente, è una cosa ASSOLUTAMENTE IMPOSSIBILE.

Altre incongruenze e assurdità nel racconto di Volpe, Maccione e Guerrieri.
Ci sono altri aspetti assolutamente incredibili nel racconto di Volpe e Maccione. Tali aspetti, pur secondari, contribuiscono però a delineare un quadro complessivo che rende assolutamente necessario rivedere tutta la vicenda sotto un’altra ottica.

Tra questi merita un po’ di attenzione il racconto effettuato da Volpe e Maccione sul loro arrivo nel bosco. Secondo i due rei confessi la macchina con a bordo i 5 ragazzi sarebbe arrivata nel bosco la notte del 17 gennaio, da li sarebbero usciti tutti con le mazze e i coltelli, per avviarsi verso la buca.

Secondo le versioni fornite al processo Fabio e Chiara non sospettavano nulla fino all’arrivo al bordo della buca, perché procedevano davanti al gruppo e quindi non videro le armi in mano a Volpe, Maccione e Sapone.
Questa parte del racconto è assolutamente falsa.
Chiunque abbia provato a camminare in un bosco, di notte, sa che la visibilità è ridotta praticamente a zero ed è difficile orientarsi anche qualora si conosca bene il posto. Data la facilità con cui è facile perdersi in quelle condizioni, qualora un gruppo di persone si avventuri in un bosco, è costretto a rimanere unito anche per farsi luce a vicenda con le eventuali torce.
Ora, invece, stando alla fantasiosa ricostruzione della coppia Volpe – Maccione, Fabio e Chiara si sarebbero messi alla testa del gruppo, di notte, senza conoscere la strada, e staccandosi addirittura dal resto del gruppo.
Si sarebbero quindi posti alla guida del gruppo senza sapere dove andare, senza essere mai stati precedentemente in quel posto, senza sapere il motivo, senza torce elettriche.

Assolutamente inverosimile poi è il particolare del riccio che Sapone avrebbe messo nella bocca di Fabio Tollis per “farlo star zitto”.
Un riccio di castagno, è appena il caso di ricordarlo è dotato di aghi molto sottili disposti in modo fitto su tutta la superficie del frutto, e che penetrano nella pelle con facilità.
Qualora Sapone avesse effettuato una mossa del genere, si sarebbe infatti prodotto piccole ferite alla mano e l’indomani qualcuno avrebbe potuto notare il particolare.
Nessun testimone invece narra di aver notato alcuna ferita sulle mani di Sapone, né Volpe e Maccione raccontano di questo particolare, che invece sarebbe stato un importante riscontro oggettivo al racconto fornito in sede processuale.
Neanche il signor Tollis, che in teoria è il testimone più imparziale di questa vicenda, e che il giorno dopo la scomparsa del figlio incontrò il Sapone, notò questo particolare.
Ma, testimoni a parte, è comunque inverosimile che Sapone possa aver forzato con la mano l’introduzione di un riccio nella bocca del Tollis, a meno che non fosse sotto l’effetto di droghe e allucinogeni che lo rendessero insensibile al dolore.

Il problema delle droghe e della capacità di intendere e di volere dei presunti assassini.

Questa considerazione sul riccio infilato nella bocca di Fabio Tollis ci introduce ad un’altra problematica, non affrontata al processo con il necessario approfondimento, stante l’importanza della questione.
La domanda è se la notte del delitto Volpe Maccione e Sapone – ammesso e non concesso che fossero loro gli assassini – fossero lucidi o sotto l’effetto di droghe.
La questione non è di secondaria importanza, ma al contrario è un tassello fondamentale per comprendere tutta la vicenda. Infatti delle due l’una:
se gli assassini erano lucidi, come afferma Volpe, e come sostiene la sentenza di primo grado, il racconto diventa per ciò stesso destituito di ogni fondamento perché dovremmo ipotizzare che sia il gruppo di ragazzi – i quali, a quanto è stato accertato facevano uso abituale di droghe pesanti – avessero un controllo di loro stessi e delle loro azioni tale da riuscire a fare a meno delle droghe mediante un semplice atto di volontà.
Ma tale conclusione va contro quella che è la comune esperienza in fatto di tossicodipendenze, in quanto è notorio che il tossicodipendente (la parola fa infatti espressamente riferimento alla “dipendenza” che danno gli stupefacenti) non riesce a fare a meno di drogarsi, in particolare quando deve commettere atti particolarmente atroci che richiedono una forza di volontà notevole. Altrimenti, per definizione, non è un tossicodipendente. In altre parole, è assolutamente non credibile che il gruppo di ragazzi possa aver deciso di sospendere l’assunzione di droghe perché – come narra Volpe in uno degli interrogatori – “Sapone pretendeva che per uccidere fossero lucidi”. Risulta maggiormente credibile dunque che Volpe Maccione e Sapone fossero sotto l’effetto di droghe anche quella sera.
Ricordiamo soprattutto che Maccione all’epoca era minorenne; e avrebbe ucciso il suo miglior amico, Fabio Tollis, con una freddezza e determinazione d’animo degni di un killer (o serial killer) professionista.
Più credibile quindi la versione che Maccione fornisce nel libro “L’inferno tra le mani”, che fossero tutti sotto l’effetto di droghe.

Se però gli assassini erano sotto l’effetto di droghe, riesce molto difficile se non impossibile, ipotizzare che sotto l’effetto di stupefacenti possano aver ricoperto la buca, essersi lavati dalle tracce di sangue senza lasciare tracce.
In altre parole:
1) Lucidi non potevano essere, essendo difficile che un tossicodipendente possa sospendere l’assunzione di droghe a suo piacimento e abbia un pieno controllo di se stesso;
2) Sotto l’effetto di droghe non avrebbero potuto commettere un omicidio e poi ricoprire la buca ed andarsene senza lasciare tracce.

Residua una terza possibilità, che a nostro parere è quella corretta: che i fatti siano andati in modo diverso.

I reperti trovati nella buca di Somma Lombardo; i filtri di sigaretta.
Che il racconto di Volpe, Maccione e Guerrieri sia tutta un’invenzione risulta anche in modo inequivocabile da alcuni particolari, apparentemente minimi, ma fondamentali per ricostruire il quadro complessivo della vicenda.
Sul luogo in cui fu scavata la buca infatti furono ritrovati un piccone e alcuni contenitori di ammoniaca vuoti, il che, secondo la perizia, confermava la dichiarazioni di Volpe.
Dentro la buca invece, e dunque sepolti sotto terra, vennero ritrovati tre filtri di sigaretta e un pacchetto di Diana Blu, oltre a 4 guanti in lattice (da notare che a pag. 9 della perizia c’è scritto che le sigarette sono Marlboro Rosse, mentre a pag. 81 nell’elenco dei reperti vengono indicate delle Diana Blu).
Ora è evidente l’impossibilità di ritrovare dopo oltre sei anni dei mozziconi di sigaretta. I mozziconi di sigaretta, come sa chiunque abbia mai osservato una sigaretta, sono costituiti da tabacco e arrotolati con della carta, il che significa che sono composti di materiale destinato a decomporsi completamente dopo poche settimane. L’unica parte della sigaretta che offre un minimo di resistenza al tempo è il filtro; il filtro di tutte le sigarette in commercio è costituito da acetato di cellulosa, che è una sostanza organica, di natura vegetale, destinata quindi a decomporsi in un periodo variabile da qualche mese a (massimo) due anni a seconda della tecnica impiegata per la produzione.
Impossibile quindi che i mozziconi di sigaretta fossero rimasti sotterrati per sei anni, e fossero riconoscibili dopo questo lunghissimo arco temporale.
Non resta che concludere, quindi per questa possibilità: la buca di Somma Lombardo non fu scavata nel 1998, il giorno della scomparsa di Fabio e Chiara ma diversi anni più tardi. E soprattutto non fu scavata con pale e picconi ma con mezzi meccanici.
Il particolare non fu rilevato all’epoca, probabilmente per una serie di fattori dovuti alla complessità della vicenda e alla rapidità con cui, in quel periodo, si succedevano gli eventi; inoltre i periti incaricati dal tribunale di redigere la Perizia medico legale erano un antropologo, un archeologo e un genetista forense, quindi senza competenza tecniche precise in materia di decomposizione dei materiali e, per giunta, nel quesito medico legale si chiese di “identificare i cadaveri” e di accertare se le ferite e gli altri particolari fossero compatibili con il racconto fornito dalle persone indagate.
Ma, in effetti l’analisi complessiva spettava a chi faceva le indagini, non al perito, ed è probabilmente questo il motivo dell’omissione.
Se all’epoca questo particolare è sfuggito, oggi esso deve essere valutato in tutta la sua importanza, perché anche solo da esso si evince la falsità totale del racconto di Volpe Maccione e Guerrieri.



Conclusioni sull’omicidio Tollis-Marino
In conclusione, è possibile concludere che:
  1. la buca non fu scavata da Volpe Maccione Sapone e Bontade, manualmente, nei due venerdì antecedenti l’omicidio. Lo scavo è stato effettuato probabilmente con mezzi meccanici, e con attrezzature idonee a rimuovere anche i cumuli di terra smossa residuanti dopo la sepoltura dei cadaveri, in condizioni di tempo e luogo completamente differenti rispetto al fantasioso racconto dei rei confessi di questa vicenda.
  2. Con molta probabilità i cadaveri di Fabio e Chiara non sono stati seppelliti la notte del 17.1.1998, ma sono stati seppelliti in un momento diverso, perché solo in questo modo si sarebbe potuto evitare che i cadaveri fossero portati alla luce dagli animali o dai cani che circolano nella zona. Questa considerazione, apparentemente notevole, è assolutamente avvalorata dal ritrovamento dei mozziconi di sigaretta durante lo scavo della buca; dal momento che i mozziconi di sigaretta si decompongono dopo poche settimane, e che i filtri (che sono la parte più resistente della sigaretta) possono rimanere integri per un tempo massimo di due anni (e comunque non certamente sei anni dal gennaio 1998 al maggio 2004), è evidente che lo scavo della buca è avvenuto in tempi diversi, e soprattutto con MODALITA’ diverse rispetto al racconto di Volpe e Maccione.

In conclusione: Volpe, Maccione e Guerrieri hanno mentito in modo plateale e tutta la ricostruzione relativa a questa vicenda deve essere riscritta.


Gli omicidi collaterali: le morti di Grasta, Ballarin, Molla e Frigerio.
La vicenda delle Bestie di Satana è nota al pubblico soprattutto per gli omicidi Tollis e Marino, nonché per la morte di Andrea Bontade e Mariangela Pezzotta.
Ma in realtà ad essa sono intimamente connesse altre vicende meno conosciute, ma fondamentali per ricostruire il quadro complessivo della vicenda: la morte di Andrea Ballarin, Antonino Grasta, Doriano Molla, e la scomparsa di Christian Frigerio.
Per queste vicende sono stati posti in essere diversi procedimenti. In essi Volpe e Maccione accusano, ancora una volta, Leoni e Sapone di vari omicidi. Ma, come stiamo per vedere, per almeno due di essi Sapone e Leoni risulteranno completamente innocenti e Volpe sarà processato per calunnia (si pensi che nella data dell’omicidio Grasta Sapone era addirittura a Cuba in vacanza).
Maccione poi, sia in interviste che nel suo libro “L’inferno tra le mani”, sostiene che gli omicidi commessi dalla setta della Bestie di Satana sarebbero molti di più di quelli per i quali sono stato iniziati (e archiviati) vari procedimenti penali. Il ragazzo infatti fa i nomi anche di Stefano Longone, Luca Colombo, Giuseppe Lombardo e altri ancora. 18 omicidi, secondo Maccione, sarebbero attribuiti alle Bestie di Satana.

Vediamo più in dettaglio i contorni di questa assurda vicenda delle morti collaterali.

Omicidio Ballarin.
Nel maggio del 1999 veniva trovato impiccato nel cortile di una scuola di Somma Lombardo Andrea Ballarin, di 22 anni. La scuola era vicinissima all’abitazione di Volpe, e a poche centinaia di metri dal Santuario di Madonna della Ghianda dove parte il sentiero che porta alla buca in cui furono sepolti Fabio e Chiara.
Volpe accuserà Paolo Leoni e Nicola Sapone di aver commesso l’omicidio, accusando anche se stesso, ma la ricostruzione dei fatti così come venne fornita dal Volpe era talmente fantasiosa che il procedimento venne archiviato.
Nell’interrogatorio del 19.7.2004 davanti al tribunale di Monza, Volpe dichiarerà che Leoni avrebbe ucciso il Ballarin per prendersi una rivincita ed essere risarcito del fatto che non aveva potuto ammazzare Chiara Marino, pur non conoscendo – per stessa ammissione di Volpe – il Ballarin.
La dinamica dell’omicidio, poi per come fu raccontata dal Volpe era questa: Volpe Sapone e Leoni, dopo aver caricato in auto (una Peugeot 205) il Ballarin precedentemente addormentato, si avvicinavano al cancello della scuola, che era chiuso. Leoni scavalcò il cancello e Volpe e Sapone, dopo essere saliti sul tetto dell’auto, avrebbero gettato il corpo inanimato del Ballarin al di là del cancello. Le domande che sorgono spontanee di fronte ad una ricostruzione del genere sono le seguenti:
  • quanto pesava Andrea Ballarin, per poter essere agevolmente issato sul tetto dell’auto, e poi scaraventato di peso dall’altra parte del cancello?
  • Come è possibile che i ragazzi fossero saliti in tre (Volpe e Sapone, più il Ballarin) sopra al tetto dell’auto, senza rovinare in modo irrimediabile l’auto e senza porsi il problema delle domande e della curiosità che avrebbe suscitato tra amici parenti e conoscenti un tetto rovinato irrimediabilmente dal peso dei tre ragazzi?
  • Perché inscenare una farsa di questo tipo, in un luogo abitato, col rischio di essere scoperti, e non ucciderlo più agevolmente altrove, nei boschi o in altro luogo meno adiacente al centro abitato?

Il procedimento, infatti, proprio per l’assurdità della ricostruzione, non ha mai avuto seguito; il PM Baraldo chiederà la condanna di Volpe per false dichiarazioni al PM, essendosi accorto che egli mentiva, ma il procedimento verrà archiviato per intervenuta prescrizione.
In altre parole: Volpe ha certamente mentito, si è inventato un omicidio (il tutto avveniva durante lo svolgimento del processo alle Bestie di Satana) ma ciò non è stato considerato rilevante ai fini della valutazione della credibilità del Volpe.
Queste le parole di Volpe in sede di interrogatorio avvenuto il 18/4/2008 davanti alla procuratore di Monza, Antonio Pizzi: i dettagli che ho riferito circa la modalità di esecuzione dell’omicidio sono dettagli da me inventati ed ho preso a riferimento circostanze e cose che io sapevo essere in possesso o comunque nella disponibilità sia del Sapone che del Leoni. Ad esempio mi riferisco al machete all’etere, al nastro da idraulico, ecc. ALL

Omicidio Grasta.
Nel gennaio del 2000 viene rinvenuto in un bosco a Lonate Pozzolo il cadavere di Antonino Grasta, ucciso a colpi di arma da fuoco.
Nel gennaio 2005, quindi quando il processo alle Bestie di Satana era ormai in fase avanzata e Volpe aveva già da tempo “confessato” gli omicidi Marino e Tollis, chiamando in causa gli altri componenti della presunta setta, Volpe accusa il Sapone di essere l’assassino del Grasta.
Sennonché, da un rilievo effettuato dalla polizia giudiziaria dell’epoca, Sapone risultò essere a Cuba il giorno dell’omicidio.
Per questo motivo il PM di allora chiese il rinvio a giudizio di Volpe, che fu assolto con sent. 271/09 dal Tribunale di Busto Arsizio per “mancanza di dolo”. Volpe infatti si sarebbe inventato un omicidio, ma non avrebbe avuto la volontà di calunniare, perché il delitto gli era stato raccontato da terze persone e quindi Volpe era convinto di dire la verità.
L’omicidio Grasta rimane ad oggi insoluto, senza assassino e senza movente, con un’unica certezza: Sapone aveva un alibi di ferro per quell’omicidio e non poteva essere stato, e Volpe ha accusato ancora una volta uno degli amici dell’epoca, di un omicidio mai commesso.
Perché?
Anche se in questa vicenda l’accusa non riguarda specificatamente Paolo Leoni, la vicenda è comunque importante per valutare complessivamente la personalità di Andrea Volpe; una persona che non esita a inventare omicidi inesistenti, per quali fini è difficile capire.

Suicidio Molla.
Nel 2000 viene trovato morto, apparentemente suicida, un ragazzo in un bosco a Cavaria di Premezzo.
La madre, Flaviana Cassetta, per anni ha sostenuto, sia davanti al PM Pizzi, sia in trasmissioni televisive e in interviste giornalistiche che fosse stato ucciso dalle “Bestie di Satana”, ma il procedimento di indagine fu archiviato dal GIP Nicoletta Guerrero.
Le indagini relativamente alla morte del Molla – che secondo Maccione sarebbe stata da attribuire alla setta delle BDS – e nell’ambito del quale è stato sentito anche recentemente Paolo Leoni, sfoceranno nell’archiviazione del procedimento.

Il 21 febbraio 2012 pochi giorni prima che questa difesa potesse incontrare la madre di Doriano Molla per un colloquio – come era stato preventivamente concordato al telefono – la signora Cassetta è stata trovata morta impiccata, pare con le stesse modalità con cui fu trovato morto il figlio (ovverosia con un filo elettrico attorno al collo).

La scomparsa di Christian Frigerio
Raccontiamo ora la vicenda di Christian Frigerio.
Christian Frigerio lavorava come operaio in un'impresa edile.
Il 14 novembre 1996, mentre si trovava fuori per lavoro, ha fatto una strana telefonata al fratello, dicendogli di non muoversi da casa.
Alle 18, dopo essere rientrato a casa, è uscito di nuovo in bicicletta nonostante la pioggia. Da allora di lui non si è saputo più nulla. Nemmeno la sua bicicletta è mai stata ritrovata.
Dopo la scoperta dell'omicidio di Fabio Tollis e Chiara Marino la madre di Christian Frigerio è preoccupata per alcune coincidenze con il comportamento del figlio negli ultimi tempi prima della sua scomparsa. In particolare la signora ricorda di avergli sentito nominare le Bestie di Satana, di avergli visto al collo un simbolo satanista e sul corpo quelle che sembravano bruciature e segni di morsi come quelli notati dai genitori dei due giovani assassinati. Christian Frigerio, inoltre, era preoccupatissimo per l'incolumità del fratello, come se temesse ritorsioni su di lui da parte di qualcuno.
A seguito delle rivelazioni fatte da un amico di Christian Frigerio, il Procuratore della Repubblica di Monza Antonio Pizzi, ha deciso di riaprire il fascicolo, ormai archiviato, sulla scomparsa del ragazzo.
Dalle indagini non è mai emerso nulla. Volpe accuserà Leoni e Sapone dell’omicidio di Frigerio, sono stati effettuati scavi per ritrovare il corpo ma niente di niente è venuto fuori a carico di Paolo Leoni e degli altri ragazzi coinvolti nella vicenda.
Il procedimento (PP 11363/07 mod. 21, RGNR) iscritto presso la procura di Monza, veniva archiviato.


Le indagini e il processo. Le lacune.
Quasi a conclusione della richiesta di revisione, vorremmo ora sottolineare alcune incongruenze, omissioni, e palesi errori commessi in fase di indagine, in fase processuale e nella sentenza di primo grado.
L’accorpamento (fase processuale, di indagine, e sentenza) si rende necessario per diverse ragioni.
In primo luogo si tratta di una vicenda lunghissima; essa prende le mosse il 17 gennaio 1998, giorno della scomparsa di Fabio Tollis e Chiara Marino cui segue un lungo periodo in cui sostanzialmente non viene fatta alcun indagine, dopodiché a partire dal gennaio 2004, giorno dell’uccisione di Mariangela Pezzotta e dell’arresto di Andrea Volpe, vengono effettuate delle indagini che, in pochissimi mesi, portano al rinvio a giudizio dei ragazzi condannati, con un procedimento processuale che si chiude rapidamente, se consideriamo i tempi della giustizia italiana da una parte, e la complessità della vicenda all’altra (si parla infatti di 4 omicidi e 9 persone coinvolte come imputati); si tratta quindi di una vicenda non solo lunga, ma complicatissima e dai mille risvolti, con diverse morti collaterali, si che ripercorrerla tutta evidenziando le incongruenze e gli errori, i punti deboli, richiederebbe centinaia di pagine e renderebbe impossibile a chi legge queste righe capire veramente come stanno le cose. Anche perché la vicenda non termina nel 2008 ma, come sappiamo, prosegue con gli ulteriori omicidi o scomparse attribuiti alla Bestie di Satana e con gli ulteriori procedimenti aperti a seguito di queste vicende.
In secondo luogo, essendo il fascicolo del PM costituito da centinaia di faldoni, ed essendo stati tali faldoni trasportati in un magazzino diverso dalla sede del tribunale, a questa difesa non è stato possibile accedere a tutto il fascicolo e ripercorre la vicenda completamente; ci siamo dovuti infatti servire degli atti a noi messi a disposizioni dal collega Avv. Traini (difensore di Paolo Leoni in tutti i gradi del procedimento fino alla Cassazione), che necessariamente erano selezionati con un criterio diverso rispetto al metodo che si deve seguire in sede di revisione.

Iniziando dalle indagini, la prima cosa che salta agli occhi con un’evidenza da togliere il fiato, è la totale assenza di qualsiasi indagine effettuata prima del 2004; dalla scomparsa di Chiara Marino e Fabio Tollis non è stato fatto alcun atto di indagine. Nessuna ricerca. Nessuna assunzione di informazione da possibili testimoni, amici o parenti.
La signora Marino aveva anche avvertito i carabinieri di un possibile collegamento tra la scomparsa della famiglia e la frequentazione di costei con sette sataniche. Ma nulla di nulla è stato fatto. Brilla quindi per l’inerzia l’attività della polizia giudiziaria mentre al contempo brilla per la febbrile attività di ricerca, la figura del padre di Fabio Tollis, Michele, che in quegli anni raccoglie informazioni, ascolta possibili testimoni, parla con i familiari.

Dalla fine di gennaio del 2004 – data della morte di Mariangela Pezzotta - partono le indagini vere e proprie, di cui sottolineiamo alcune assurdità:

La testimonianza di Patrizia Silvestri e la sua successiva morte.

Patrizia Silvestri era una satanista, molto nota nell'ambiente, perché era affiliata a diverse organizzazioni sataniche, tra cui gli Eletti di Satana (fondata, pare, da lei, il marito e l'amante), e aveva collegamenti con altre realtà sataniche, di cui era quindi una profonda conoscitrice, come la Chiesa di Satana di Anton La Vey. Proveniva da una famiglia molto altolocata ed era un grado elevato in alcune organizzazioni.
I carabinieri che indagano sulla vicenda delle Bestie di Satana decidono di ascoltarla per prendere alcune informazioni sul satanismo in genere e per vedere di inquadrare meglio il contesto nell'ambito del quale le vittime e i presunti carnefici di questa storia si muovono. I carabinieri la raggiungono il 1 marzo del 2004 a Roma per porle delle domande.

Come si può leggere nel verbale allegato, Patrizia Silvestri fornisce informazioni interessanti e indica addirittura, deducendolo dall'arredamento della sua stanza da letto, così come gli è stata descritta dai carabinieri, l'organizzazione satanica cui probabilmente era affiliata Chiara Marino.
Come si può leggere nel verbale, la donna indica addirittura il nome di uno dei capi della setta in cui era inserita Chiara, del resto già noto agli inquirenti e alle cronache.

L'informazione data era importantissima e suscettibile di essere approfondita meglio. I carabinieri in base alle informazioni ricevute dalla Silvestri avrebbero potuto - e dovuto - individuare gli altri componenti della setta e indagare su di loro per accertare se c'era un collegamento tra la morte di Chiara e gli affiliati all'organizzazione di cui ella faceva parte.

Nulla di tutto questo viene fatto.

Come sappiamo, viene individuata invece una setta inesistente, ovverosia le Bestie di Satana, senza un'organizzazione, senza testi di riferimento, senza una dottrina, senza un sistema di reclutamento e affiliazione, senza una gerarchia (ricordiamo infatti che al processo i rei confessi dimostrarono di non avere la minima idea delle formule rituali da utilizzare in un rito satanico, non avevano una filosofia, un credo, un esoterista di riferimento, dei libri di testo, e a domanda precisa Volpe non seppe neanche spiegare la differenza tra luna piena, luna nuova, novilunio, cioè i concetti base del satanismo e della ritualità; non esisteva neanche una gerarchia, dal momento che come capi sono stati indicati di volta Sapone, Volpe, Leoni, e addirittura nell’ultimo libro L’inferno tra le mani, Maccione indica Zampollo come la mente del gruppo).
Una setta, insomma, che farebbe ridere qualunque satanista vero. E vengono arrestati Leoni, Monterosso, Zampollo e Sapone, che non avevano mai fatto parte di alcuna setta satanica.

Patrizia Silvestri verrà trovata decapitata a Roma nel 2006. Il suo cadavere verrà ritrovato in una stazione di servizio, al mattino, dal gestore della stazione.
Qualche anno dopo morirà assassinata anche la persona che la Silvestri aveva indicato come il capo della setta a cui apparteneva Chiara Marino, tale Leonardo Mita, detto Walter nell’ambiente del satanismo, mentre come assassino venne indicato il marito della donna, che è tuttora in carcere.

Mancato sequestro e analisi del giubbotto di pelle di Nicola Sapone
Non è stato sottoposto ad analisi da parte del RIS il giubbotto di pelle indossato da Nicola Sapone la notte del delitto di Chiara Marino e Fabio Tollis; è noto che i giubbotti di pelle vengono lavati raramente e a secco, dunque questa analisi avrebbe permesso di evidenziare con il Luminol eventuali tracce di sangue rimaste sul giubbotto; come abbiamo detto, infatti, per commettere un delitto del genere è stata versata una quantità di sangue ingente, tale letteralmente da “inzuppare” da capo a piedi gli eventuali assassini. Questa sarebbe stata non una semplice prova tra le tante, ma la prova regina per inchiodare il Sapone alle sue responsabilità e soprattutto per confermare la validità del racconto di Volpe e Maccione.

Mancata verifica della compatibilità del racconto di Volpe e Maccione con lo stato dei luoghi a Somma Lombardo
Per poter affermare che Volpe e Maccione fossero credibili nel loro racconto, era altresì necessario effettuare un esperimento per verificare se, di notte, e in pieno gennaio, fosse possibile che i ragazzi avessero a suo tempo potuto ritrovare la buca in mezzo al bosco, individuandola con sicurezza.
La verità è che se si fosse effettuato un simile esperimento si sarebbe constatata una circostanza banale, ma idonea ad abbattere tutto il racconto dei collaboratori: non è possibile trovare la buca di notte, perché la visibilità è pari a zero, e sarebbe stato impossibile orientarsi nel bosco, a meno di non aver collocato in modo molto evidente dei segnali convenzionali; segnali convenzionali di cui non c’è traccia nel racconto di Volpe e Maccione, e che comunque non sarebbe stato possibile collocare per il semplice motivo che avrebbero potuto essere notati dai molti frequentatori del bosco, o dalla polizia provinciale di pattuglia in quella zona.
Ad ogni modo, non è stata effettuata nessuna domanda sul punto, Volpe e Maccione non fanno cenno al modo in cui per loro fu possibile individuare la buca.
E la verità è che anche di giorno, e con la lucidità di una persona normale (non quindi sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, come normalmente erano Volpe Maccione e Sapone) è molto difficile ricordarsi il punto dove è posizionata la buca ed è facile perdersi.
Volpe Maccione e Sapone invece avrebbero trovato senza difficoltà la strada, di notte, e sotto l’influsso di droghe.
Anche qui, un’indagine anche solo un poco più approfondita, avrebbe potuto dimostrare la totale inverosimiglianza del racconto.
Ora, su questo punto questa difesa rivolge un appello decisamente poco ortodosso al Magistrato Giudicante, ma che ritieniamo di somma importanza. Pur consapevoli della mole di lavoro della aule giudiziarie, consapevoli del fatto che non sarebbe compito del giudicante effettuare una sorta di indagine in proprio, vogliamo rivolgere una preghiera affinché chi legge queste righe decida di verificare di persona lo stato dei luoghi, e il percorso fatto dagli assassini (il luogo si individua facilmente, essendo proprio a latere del Santuario di Madonna della Ghianda, a Somma Lombardo). Questa vicenda ha visto, ad oggi, troppe omissioni, troppi errori, e troppe negligenze, ma si tratta di una vicenda dal rilievo internazionale, che vede in carcere almeno 4 ragazzi innocenti (Paolo Leoni, Nicola Sapone, Eros Monterosso e Marco Zampollo), con 4 morti che attendono ancora di avere una risposta, un perché.
Merita quindi la vicenda, per l’importanza e per la gravità dei fatti, che prima di respingere l’istanza di revisione, chi dovrà giudicare si rechi personalmente sul posto e si domandi se era possibile, in quel bosco, di notte, commettere quegli omicidi e poi farla franca per sei anni senza lasciare traccia alcuna.
Provi il giudicante a percorrere la strada che in teoria avrebbero dovuto percorrere gli assassini, guardi la buca e si domandi se la ricostruzione dei fatti è verosimile o anche solo “possibile”. Si constaterà di persona che è impossibile che i racconti di Volpe, Maccione e Guerrieri contengano qualcosa di vero.


Venendo al processo invece:

  1. non si tiene conto di un processo parallelo, il caso Ballarin. Si tratta, come abbiamo evidenziato nel capitolo “morti collaterali” di un processo che è stato stralciato da quello principale, in cui Volpe ha mentito inventandosi un omicidio di sana pianta, ma per il quale non c’è stata alcuna condanna per calunnia a causa dell’intervenuta prescrizione; ora, a prescindere dalla calunnia che in questa sede non ci interessa, a noi sembra comunque assurdo che non si sia mai tenuto nel debito conto questa circostanza, né nel processo di primo grado, né in quello di secondo grado, ai fini della valutazione complessiva della credibilità di Volpe;

  1. non viene mai messo a confronto Paolo Leoni, ma neanche gli altri imputati, con gli accusatori e rei confessi Maccione Volpe e Guerrieri1; questo, secondo la Corte, a causa della natura eccezionale di tale strumento di prova a fronte della completezza dell’istruzione dibattimentale. Insomma, per la Corte non è stato opportuno mettere a confronto accusatori ed accusati perché il quadro probatorio era completo; un quadro probatorio costituito dalle confessioni di soggetti che si sono contraddetti a vicenda, e hanno cambiato diverse volte versione, mentre parallelamente si svolgeva un altro processo per omicidio (il processo Ballarin e poi il processo Grasta), stralciato dal processo principale, in cui Volpe veniva poi processato e verrà accertata la calunnia, ove ammetteva candidamente di aver mentito, negando la sua responsabilità, perché “si sentiva in colpa nei confronti del compagno di scuola”2.

  1. Verrà dimostrato che Paolo Leoni era al lavoro il mattino del 17/1/1998 in cui, stando a quanto affermano Volpe e Maccione venne deciso alla fiera di Senigallia l’omicidio di Fabio Tollis e Chiara Marino (ALL..); ma di tale circostanza non si terrà alcun conto al fine di delineare il ruolo di Leoni in tutta la vicenda, sostenendo la Corte3 che Leoni avrebbe comunque potuto assentarsi durante la pausa pranzo (precisamente dalle 13,30 alle 14 circa), arrivare dalla Metro di Cesano Boscone, dove lavorava come addetto al bancone del pesce, alla Fiera di Senigallia, e poi tornare in tempo per riprendere il lavoro. Insomma, un duplice omicidio complesso, deciso e organizzato in mezz’ora, senza tenere conto dei tempi di percorrenza!!!



Conclusioni
In conclusione, abbiamo evidenziato come la condanna di Paolo Leoni all’ergastolo si basa prevalentemente (o solo) sulle testimonianze di Volpe Maccione e Guerrieri, giudicati, all’epoca dei fatti, attendibili. Sennonché, nel corso degli anni, abbiamo assistito ai seguenti fatti:
  • la pervicace volontà di Volpe in primo luogo, ma anche di Maccione, di accusare Leoni e gli altri, in particolare Sapone, di omicidi rivelatisi assolutamente infondati;
  • l’emersione di particolari nuovi, assolutamente incompatibili con la dinamica dei fatti così come ricostruita al processo, da parte di Mario Maccione;
  • elementi di fatto che devono essere valutati sotto una luce nuova, non considerati al tempo del processo, quali:
1) la posizione della buca e lo stato dei luoghi, incompatibili con la ricostruzione effettuata da Volpe e Maccione sulla sera del delitto Marino-Tollis.
2) ritrovamento dei mozziconi di sigaretta nella buca, circostanza idonea da sé a inficiare tutta la ricostruzione di Volpe e Maccione perlomeno relativamente alla presunta data della morta, che deve essere quantomeno datata qualche anno più tardi.

Per quanto riguarda il processo, abbiamo evidenziato le lacune in fase di indagine, e i principali punti deboli della sentenza di primo grado ovvero:
  • la mancata audizione di una testimone che poteva rivelarsi una chiave di volta dell’inchiesta, che ebbe a rilasciare dichiarazioni importanti, fornendo spunti di indagine che non vennero approfonditi (Patrizia Silvestri, che morirà decapitata pochi anni dopo);
  • il mancato confronto processuale tra Paolo Leoni e i suoi accusatori;
  • il mancato approfondimento dell’imputabilità dei rei confessi, Volpe Maccione e Leoni (se fossero capaci di intendere e di volere o meno al momento dei fatti. Il che, si noti bene, non avrebbe rilevato ai fini della pena e della colpevolezza, ma ai fini di stabilire dal punto di vista probatorio se fosse possibile che dei tossicodipendenti avessero potuto commettere dei delitti simili, senza lasciare alcuna traccia, e rimanendo impuniti per anni).
  • La mancanza di un movente attendibile per gli omicidi Tollis Marino (di volta in volta ricondotti, a seconda delle versioni, a questione di soldi, al sacrificio rituale satanico, alla volontà di trasformare i ragazzi in zombie e per giunta su richiesta dello stesso Tollis, al fatto che Chiara fosse la Madonna e Fabio si fosse opposto all’omicidio di Chiara)

Analizzando la vicenda nel complesso, e ripercorrendola dall’inizio ad oggi, risulta quindi chiaro che tutta la vicenda deve essere completamente riscritta.
Delle due l’una: o non sono Volpe e Maccione, gli assassini, oppure sono loro, ma certamente le modalità degli omicidi sono completamente diverse da quelle raccontate,
In tutta questa vicenda c’è una sola certezza: Volpe Maccione e Guerrieri hanno mentito su tutto, dai particolari più importanti a quelli meno importanti. Ed essendo la condanna di Paolo Leoni fondata solo, o prevalentemente, sulle dichiarazioni di costoro

si chiede:

la revisione del processo a carico di Paolo Leoni, l’annullamento della sentenza indicata;

stante la gravità e la concordanza delle nuove prove emerse si chiede l’immediata liberazione di Paolo Leoni ai sensi dell’articolo 635 cpp.


Avv. Paolo Franceschetti
Allegati
Elenco:

  1. Procura speciale
  2. Copia conforme sentenza secondo grado
  3. Pennetta USB contenente i seguenti documenti: a) Perizia CTU ritrovamento resti Marino Tollis; b) bollettino meteorologico dei giorni dello scavo della buca; c) foto bosco Somma Lombardo e particolari dello scavo della buca; d) copia sentenza primo grado; e) copia sentenza secondo grado; f) verbale assunzione informazione patrizia Silvestri; g) Copia sentenza omicidio Grasta: h) Esame Pietro Guerrieri; i) Esame e interrogatori Mario Maccione; L) esame e interrogatori Andrea Volpe.



In raccoglitore a parte:
  1. Perizia CTU ritrovamento resti Marino – Tollis (disponibile anche in formato elettronico su penna)
  2. bollettino meteorologico dei giorni dello scavo della buca di Somma Lombardo (disponibile anche in formato elettronico su penna)
  3. foto del bosco di Somma Lombardo, e della buca (disponibile anche in formato elettronico su penna)
  4. libro di Maccione “L’inferno tra le mani”.
  5. Copia conforme sentenza primo grado (disponibile anche in formato elettronico su penna)

Nota. In caso di smarrimento, e comunque per una consultazione più agevole in qualsiasi momento, si fa presente che i verbali e i principali documenti ufficiali sono stati scannerizzati e messi on line nel sito “la verità sulle Bestie di Satana” www.bestiedisatana.blogspot.com”



1 Corte Assise App Milano, pag. 29.
2 Interrogatorio del 19/7/2004, all.

3 Corte Assise app. Milano, pag. 48

4 commenti:

  1. concordo con l'avv. franceschetti per l'assoluzione dei ragazzi.

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  2. concordo anche io ma temo che il muro di gomma regga anche questa volta. I ricorsi di appello e cassazione presentati da Leoni ai tempi, già bastavano e avanzavano a DEMOLIRE totalmente le sentenze, eppure non sono serviti a nulla..

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  3. Lo so anonimo. Lo so che già ai tempi fu tutto inutile. Ma non per questo bisogna rinunciare a provarci. Leoni, sapone, Monterosso e Zampollo, e la Ballarin, sono in carcere completamente innocenti ed estranei alle accuse formulate. Che altro si potrebbe fare?

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  4. Peraltro qualche giorno fa Nicola Sapone in carcere mi ha detto "si Paolo, quello che dici è giusto... le prove ci sono. Ma c'erano anche all'epoca. Io non ho molta fiducia". E io ho risposto "abbiamo altre possibilità?" e lui ha annuito non troppo convinto.

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