Avvocato: Paolo
Franceschetti, del foro di Viterbo, con studio in Proceno, Località
Poggio Bernaglia, come da procura speciale allegata
Per Paolo Leoni, nato a
Milano il 20.2.1977, detenuto nella casa circondariale di Sanremo,
Via Valle Armea, come da procura speciale allegata.
Avverso:
sentenza di primo grado
della Corte di Assise di Busto Arsizio n. 1 del 31.1.06, dep il
2.5.06
sentenza di secondo grado
della Corte di Assise di Appello di Milano, n. 21 del 15.5.07 dep il
25.7.2007
Cassazione del 6.5.2008
n. 32851
Premessa.
La posizione di Paolo
Leoni.
Metodo di esposizione e
sintesi del del materiale probatorio
Le nuove prove.
Le lacune nella
ricostruzione. Le macchie di sangue sugli abiti.
Le prove relative
all’omicidio Marino Tollis.
Inverosimiglianze del
racconto di Volpe. Incompatibilità dei fatti con lo stato di tempo e
di luogo.
Altre incongruenze nel
racconto di Volpe, Maccione e Guerrieri.
I reperti trovati nella
buca di Somma Lombardo: i filtri di sigaretta.
Il problema delle droghe
e della capacità di intendere e di volere dei presunti assassini.
Conclusioni sull’omicidio
Marino Tollis.
Gli omicidi collaterali:
le morti di Grasta, Ballarin, Molla, e la scomparsa di Frigerio.
Omicidio Ballarin.
Omicidio Grasta.
Suicidio Molla
Scomparsa di Christian
Frigerio.
Le indagini e il
processo. Le lacune
La testimonianza di
Patrizia Silvestri e la sua successiva morte.
Mancato sequestro e
mancata analisi del giubbotto di Nicola Sapone
Mancata verifica della
compatibilità del racconto di Volpe e Maccione con lo stato dei
luoghi di Somma Lombardo.
Conclusioni.
Allegati.
- Premessa
Con il presente atto si
intende chiedere la revisione del processo denominato comunemente
“Bestie di Satana”.
Il processo ha ad oggetto
3 omicidi (Fabio Tollis, Chiara Marino e Mariangela Pezzotta) e
un’istigazione al suicidio (Andrea Bontade).
Imputati erano Paolo
Leoni, Eros Monterosso, Marco Zampollo, Nicola Sapone, Andrea Volpe,
Pietro Guerrieri, Mario Maccione, Massimiliano Magni ed Elisabetta
Ballarin (questi ultimi tre minorenni ai tempi del processo e quindi
giudicati con rito separato).
Le condanne definitiva
(più aspre rispetto a quelle comminate in primo grado) sono state le
seguenti:
Paolo Leoni, ergastolo,
per l’omicidio di Chiara Marino e Fabio Tollis, assolto per quanto
riguarda l’omicidio di Mariangela Pezzotta e la morte di Andrea
Bontade.
Nicola Sapone: due
ergastoli.
Eros Monterosso: 23 anni
e due mesi
Marco Zampollo: 29 anni.
Andrea Volpe: 20 anni
Mario Maccione 19 anni e
mezzo
Pietro Guerrieri, 12 anni
e 8 mesi.
Elisabetta Ballarin 23
anni
Assolto invece
Massimiliano Magni.
La posizione di Paolo
Leoni.
Per quanto riguarda in
particolare la posizione di Paolo Leoni, c’è da sottolineare come
costui sia stato condannato all’ergastolo in secondo grado
(rispetto ai 26 anni comminati in primo grado), per i primi due
omicidi, quello di Fabio Tollis e Chiara Marino, ma che il ruolo a
lui attribuito nella vicenda è stato quello di mero istigatore, e
MAI di esecutore materiale.
Infatti, in questa
storia, gli esecutori materiali dei delitti coincidono con i rei
confessi e viceversa; gli altri, gli accusati, non avrebbero MAI
preso parte materialmente agli omicidi, e tra questi Paolo Leoni.
Le prove a carico di
Paolo Leoni, come si evince agevolmente dalla lettura degli atti
processuali, sono state unicamente le dichiarazioni dei collaboranti,
ovverosia Volpe, Guerrieri e Maccione.
I riscontri esterni alle
accuse, invece, sono costituiti principalmente dai seguenti elementi:
- il ritrovamento a casa
di Paolo Leoni di una serie di oggetti che, secondo gli inquirenti,
sarebbero stati tipici degli adepti del satanismo, quando in realtà,
essendo il Leoni (e gli altri ragazzi coinvolti) un fan della
cosiddetta musica metal, tali oggetti erano in tutta evidenza
riconducibili alla passione per questo tipo di musica. Come si può
facilmente evincere anche con una semplice ricerca su internet,
digitando la voce “metal” su google, questo tipo di musica fa
spesso riferimento a concetti esoterici, magia, oltretomba, e
ovviamente anche satana, e compaiono simboli quali teschi, croci
(rovesciate e non). Anche i nomi di molti complessi famosi richiamano
spesso (ma non sempre, potendone richiamare anche alcuni del tutto
opposti) concetti e simboli magici e/o satanici: Deicide, Sepultura,
ecc. sono solo alcuni dei nomi che ricorrono tra i gruppi di musica
metal.
- Nelle intercettazioni
telefoniche disposte a carico di Leoni e degli altri soggetti
coinvolti i ragazzi non hanno mai fatto riferimento ad alcun delitto,
né c’è mai stata non solo alcuna ammissione di colpa, ma neanche
alcun comportamento in qualche modo riconducibile a un loro
coinvolgimento nei fatti addebitati. Questo, secondo le varie
ricostruzioni, sia giudiziali che mediatiche, era la dimostrazione
della freddezza dei ragazzi e del loro lucido perseguimento di un
piano prestabilito. Non si è pensato invece ad una spiegazione più
semplice, cioè che nelle intercettazioni non sia emerso alcunché
per il semplice fatto che i ragazzi (Leoni, Monterosso e Zampollo)
erano assolutamente estranei ai fatti addebitati.
Si fa presente, infatti, che dal momento in cui in TV tutti i telegiornali hanno iniziato a parlare della vicenda, subito dopo l’omicidio di Mariangela Pezzotta nel gennaio 2004, e fino alla data del suo arresto, Paolo Leoni avrebbe avuto tutto il tempo di tentare una fuga; al contrario, Leoni ha continuato a lavorare, mostrando sempre serenità e tranquillità, certo allora (come oggi) che la sua estraneità sarebbe emersa sicuramente al processo.
Si noti questo
particolare, secondario ma significativo: l’arresto di Volpe
avviene nel gennaio 2004, mentre Paolo Leoni verrà arrestato il 28
luglio del 2004; in quei mesi si erano succedute frenetiche le
vicende dell’arresto di Maccione e Guerrieri, il ritrovamento dei
cadaveri di Fabio e Chiara, e la vicenda era finita su giornali,
telegiornali, e addirittura alla trasmissione “Chi l’ha visto”,
che aveva fatto i nomi dei futuri arrestati: Leoni, Monterosso,
Zampollo.
In quei sei mesi – se
Leoni fosse stato colpevole e le Bestie di Satana fossero state
realmente una setta - avrebbe avuto tutto il tempo di capire che
rischiava anche lui l’arresto, e tentare una fuga. Invece nulla di
tutto questo succede, Leoni rimane al suo posto di lavoro, e continua
la sua vita con tranquillità.
Nel corso
dell’esposizione dimostreremo inequivocabilmente l’innocenza di
Paolo Leoni, nonché degli altri coimputati Eros Monterosso, Marco
Zampollo e Nicola Sapone.
Dimostreremo infatti la
loro totale estraneità ai fatti e contemporaneamente la totale
inattendibilità delle confessioni dei tre coimputati Andrea Volpe,
Mario Maccione e Pietro Guerrieri.
Metodo di esposizione
e sintesi del materiale probatorio.
Essendo la vicenda in
esame molto complessa, si rende necessario anticipare i criteri con
cui verranno esposti i fatti e le nuove prove emerse nel corso di
questi anni.
In primo luogo è bene
premettere che questa difesa, di tutta la vicenda processuale, si
occuperà principalmente degli omicidi Tollis – Marino, essendo
stato condannato Paolo Leoni solo per questi reati, ed essendo stato
riconosciuto estraneo alle altre vicende.
Daremo conto delle nuove prove emerse nel corso degli anni valutandole alla luce dei fatti così come sono stati raccontati nel corso del processo principale. A quel punto risulterà evidente che gli assassini di Fabio Tollis e Chiara Marino sono da ricercare altrove, e che Volpe, Maccione e Guerrieri, hanno inventato di sana pianta una storia, per ragioni che non spetta a questa difesa individuare ma che sarebbe interessante approfondire.
Purtroppo, trattandosi di
una vicenda che comprende 4 omicidi per i quali è stata emessa
condanna passata in giudicato, e altri 14 omicidi, per i quali in
alcuni casi sono stati aperti ulteriori procedimenti per omicidio
terminati con l’archiviazione, per altri essendoci procedimenti
ancora aperti, e altri ancora per i quali non risulta aperto nessun
procedimento, si dovrà procedere evidenziando gli aspetti di
maggiore interesse per questa difesa, senza potersi soffermare sui
particolari, ognuno dei quali richiederebbe un procedimento a parte.
Inoltre si tratta di una
vicenda che si dipana lungo un arco temporale che va dal 1998 (data
della scomparsa di Fabio Tollis e Chiara Marino) ad oggi, non essendo
la vicenda della cosiddette Bestie di Satana mai conclusa veramente,
in quanto essa continua ad interessare non solo i mass media (che
frequentemente attribuiscono alle Bestie di Satana ogni crimine
inspiegabile commesso in Lombardia) ma anche la magistratura, con
procedimenti per omicidio che vengono frequentemente aperti (e spesso
richiusi con un’archiviazione)
Sintesi del percorso
espositivo e del materiale probatorio.
Prima di iniziare
l’esposizione riassumiamo brevemente i principali punti deboli
delle versioni fornite da Maccione, Volpe e Guerrieri, relativamente
agli omicidi Tollis-Marino, evidenziando le nuove prove e i nuovi
fatti sopravvenuti che intendiamo offrire e analizzare in dettaglio
nel proseguo.
Tra i fatti nuovi
sopravvenuti vedremo come in questi anni Andrea Volpe abbia accusato
in particolare Paolo Leoni e Nicola Sapone di altri omicidi, per i
quali si sono svolti processi a parte, nei quali è stato dimostrato
chiaramente e inequivocabilmente (tanto è vero che a questi processi
non è seguita alcuna condanna) che Andrea Volpe ha mentito,
consapevolmente. Ora, per valutare la vicenda delle Bestie di
Satana, non può non tenersi conto delle ulteriori accuse relative ad
altri omicidi – dimostratesi infondate - mosse nei confronti di
Leoni e Sapone da Volpe e Maccione; assai improbabile infatti che i
due abbiano mentito su alcuni omicidi, e detto la verità su altri.
Più probabile invece che
la verità sia tutta da riscrivere.
Per quanto riguarda le
nuove prove vedremo che nel 2011 Mario Maccione pubblica un libro,
“L’inferno tra le mani”, nelle quali rende dichiarazioni
completamente diverse da quelle a suo tempo fornite agli inquirenti
prima e nel processo poi. Dichiarazioni che, oltre a rendere evidente
la sua propensione a mentire, fornisce ulteriori elementi da cui si
può capire chiaramente la totale estraneità ai fatti anche del
Maccione stesso; in altre parole si capisce chiaramente non solo che
Maccione sta mentendo, ma si riesce a capire altrettanto chiaramente
- per una serie di motivi che indicheremo - che lui stesso non può
aver partecipato a quegli omicidi di cui pure si autoaccusa.
Risulterà quindi, sorprendentemente, l’estraneità anche di Volpe
e Maccione all’omicidio Marino-Tollis.
Infine, analizzeremo il
contesto di tempo e luogo in cui dovrebbe essere avvenuto l’omicidio.
Vedremo come, per la natura del luogo scelto per l’escavazione
della buca, è assolutamente impossibile che la buca sia stata
scavata dai ragazzi, con i mezzi indicati (pale e picconi).
La buca infatti è
collocata tra due grossi alberi; le pareti di essa sono perfettamente
allineate (a filo) con due grossi tronchi collocati a mò di colonne
di un tempio, ai lati di essa. Era dunque impossibile scavare con
mezzi ordinari, essendo invece necessaria una escavatrice meccanica
professionale. In quel punto infatti le radici sono intricate e sono
spesse anche diversi decimetri di diametro. In sostanza, anziché
essere costituito da sola terra, quel punto è un groviglio di radici
di notevole spessore, che è assolutamente impossibile rompere
manualmente con pale e picconi.
Aggiungiamo a questa
constatazione il fatto che la buca – secondo le dichiarazioni dei
collaboranti - sarebbe stata scavata di notte, in poche ore, con
visibilità ridotta a zero a causa della densità della vegetazione.
E aggiungiamo ancora,
come se non bastasse, che i ragazzi che in teoria scavarono la buca
erano tossicodipendenti, cosa che riduceva di molto la loro capacità
di intendere e di volere, e quindi la loro abilità manuale nel
compiere uno scavo come quello.
Non solo. In quei giorni,
come risulta dalla tabella del meteo di quel periodo, che si allega,
pioveva.
Un’operazione quindi
non difficile, ma ASSOLUTAMENTE IMPOSSIBILE.
Analizzeremo poi altri
dettagli fondamentali, ma mai evidenziati nel processo, quali i
ritrovamenti dello scavo effettuato nella buca di Somma Lombardo dove
furono ritrovati i corpi di Chiara Marino e Fabio Tollis, per vedere
come ci siano anomalie di non poco conto, come il ritrovamento, a sei
anni dalla scomparsa, di alcuni mozziconi di sigaretta, una
circostanza impossibile da realizzarsi nella pratica.
La
nuove prove
Il
libro di Maccione l’Inferno tra le mani.
Nel
2011 Mario Maccione, uno dei rei confessi in questa vicenda, pubblica
per le edizioni Piemme un libro in cui racconta la sua versione dei
fatti, completamente diversa in punti fondamentali da quella
raccontata al processo. Il libro è a cura di Stefano Zurlo e si
intitola “L’inferno tra le mani”.
Questo
libro – che vorrebbe essere un libro verità e non un romanzo - ha
una caratteristica: smentisce molte delle affermazioni fatte durante
il processo, mentre per contro ne precisa con maggiore chiarezza
altre, permettendo di capire meglio alcuni fatti.
In
alcuni punti, invece, Maccione dà una versione completamente diversa
rispetto a quanto è stato sempre raccontato non solo da lui, ma
anche dagli altri; a titolo di esempio:
- nel processo, ove verrà data per buona la versione di Volpe, il gruppo di ragazzi che compiva l’omicidio sarebbe stato lucido, e quindi perfettamente capace di intendere e di volere, Maccione compreso; nel libro, Maccione sostiene di essre sotto l’influsso di droghe;
- indica come Zampollo il leader della setta (Marco Zampollo è il vero cervello del gruppo, scrive Maccione a pag 132), mentre invece in precedenza erano sempre stati indicati Paolo Leoni, Nicola Sapone, o Andrea Volpe a seconda delle versioni.
Le
lacune nella ricostruzione. Le macchie di sangue sugli abiti e sul
corpo.
Relativamente
all’omicidio Tollis-Marino, le prove relative alla responsabilità
di Paolo Leoni, Eros Monterosso, Marco Zampollo e Nicola Sapone, sono
state fornite essenzialmente dalle confessioni di Pietro Guerrieri,
Mario Maccione e Andrea Volpe.
Di
tutto il racconto effettuato da Volpe e Maccione, due sono i punti
assolutamente inverosimili, da cui evincere che la vicenda è andata
in realtà in modo completamente diverso.
Il
primo è il racconto dello scavo della buca, di cui ci occuperemo
dopo.
Il
secondo è il racconto della dinamica del delitto.
Iniziamo
dal primo punto.
Raccontano
Volpe e Maccione che la sera del 17 gennaio 1998, giunti di notte nel
bosco, parcheggiavano l’auto nel sentiero, e si incamminavano a
piedi verso la buca.
Seguiva
un corpo a corpo in cui Maccione Volpe e Sapone si accanirono sulle
due vittime colpendole ripetutamente con un coltello e sfondandogli
il cranio a martellate (Guerrieri parlerà di decine di martellate).
Sapone,
ad un certo punto, si calava nella buca in cui erano stati gettati i
corpi di Chiara Marino e Fabio Tollis, e finiva di sgozzarli.
Ora,
occorre tenere presente alcune cose.
La
buca era profonda quasi due metri. A tener fede al racconto di Volpe
e Maccione occorre ipotizzare che Sapone si sia calato nella buca, e
abbia avuto la libertà di movimento di sgozzare i due ragazzi, che
erano posizionati uno sopra l’altro, e poi di riuscire a risalire
agevolmente, col buio, nell’impossibilità quindi di vedere
eventuali punti di appiglio. Se a questa considerazione aggiungiamo
che nei giorni precedenti aveva piovuto, e quindi il terreno doveva
essere molle e bagnato, e quella sera c’era nella zona una forte
nebbia (quindi con un tasso di umidità altissimo) ne risulta
l’assoluta inverosimiglianza del racconto.
Quando
si commette un omicidio all’arma bianca, a contatto diretto col
corpo della vittima, sgorga dalle ferite una quantità di sangue
abbondantissima (chiunque si sia fatto anche solo un piccolo taglio
affettando il pane, o sbattendo la testa contro uno spigolo, sa bene
che a fronte di piccole ferite la quantità di sangue è abbondante;
immaginiamo quindi la quantità di sangue che esce dalle ferite da
arma da taglio o dallo sfondamento del cranio a colpi di martello).
Diversi litri di sangue della vittima vanno quindi a macchiare abiti,
scarpe, viso, mani, infiltrandosi nei capelli (ricordiamo a questo
proposito che Volpe, che all’epoca aveva i capelli lunghi, narra
nei suoi racconti che “il sangue gli schizzava in faccia”).
A
ciò dobbiamo aggiungere che, ammesso e non concesso che il Sapone si
fosse calato nella buca, si sarebbe sporcato anche di terra e foglie
secche, in un mix di sangue, terra e foglie, che avrebbe richiesto
poi una pulizia molto accurata. Ricordiamo, come abbiamo già
sottolineato, che i giorni precedenti aveva piovuto e quella sera
c’era un forte tasso di umidità a causa della nebbia. Se Sapone si
fosse veramente calato nella buca, ammesso e non concesso che poi
abbia potuto uscirne agevolmente, magari grazie all’aiuto degli
amici, ne sarebbe uscito coperto di fango, sangue e foglie, in
condizioni tali da non poter poi certamente tornare a casa, in
famiglia, come se niente fosse.
Per
commettere un omicidio del genere, quindi, l’assassino o gli
assassini devono dotarsi di abiti puliti, e commettere il delitto
vicino ad un luogo dove poi abbiano la possibilità di lavarsi
accuratamente.
Diversamente
c’è il rischio che, nel ritorno a casa vengano fermati da una
pattuglia della polizia (ricordiamo che, se Volpe abitava nelle
immediate vicinanze del bosco, Sapone invece abitava all’epoca a
Dairago quindi doveva percorrere oltre 5 km in auto con il rischio,
seppur minimo, di essere fermato da una pattuglia; peraltro i ragazzi
avevano una sola auto, quindi Volpe avrebbe dovuto dapprima
accompagnare Sapone, per poi tornare a casa in un secondo momento).
C’è
inoltre la certezza che, senza lavarsi e cambiarsi d’abito,
l’assassino lasci tracce di sangue ovunque, sull’auto, sulla
porta di casa e sulle superfici con cui egli venga a contatto.
A
ciò aggiungiamo che, all’epoca, sia Sapone che Volpe abitavano a
casa con la loro famiglia, quindi i familiari avrebbero senz’altro
notato, l’indomani, gli abiti sporchi di sangue e le condizioni
fisiche dei ragazzi.
A
questo proposito Maccione ripete il racconto della notte del delitto
nel libro “L’inferno tra le mani”, precisando alcuni dettagli
che non aveva raccontato al processo.
Egli, in particolare sottolinea il fatto che l’indomani si era svegliato con il giubbotto di pelle pulito, e che si era limitato a cambiarsi i pantaloni (quindi erano rimaste pulite, a sentir lui, le scarpe, il giubbotto, la maglietta, e il corpo).
Egli, in particolare sottolinea il fatto che l’indomani si era svegliato con il giubbotto di pelle pulito, e che si era limitato a cambiarsi i pantaloni (quindi erano rimaste pulite, a sentir lui, le scarpe, il giubbotto, la maglietta, e il corpo).
In
altre parole, stando al racconto di Volpe e Maccione, i tre ragazzi
avrebbero commesso l’omicidio, rimanendo con gli stessi abiti
indossati durante l’aggressione, sarebbero risaliti in auto, poi
tornati a casa, senza lasciare tracce di sangue, senza macchiarsi gli
abiti, le scarpe, il viso, o il resto del corpo.
Tale
racconto è talmente incredibile da sembrare quasi surreale, ma
dimostra, in modo incontrovertibile, la falsità del racconto.
Per
completezza precisiamo che il giubbotto indossato da Sapone quella
notte non fu mai sequestrato dagli inquirenti per un analisi di
laboratorio, e che tale giubbotto è tuttora disponibile per le
necessarie analisi.
In
conclusione: la sera del 17 gennaio le cose dovettero per forza
andare in modo diverso rispetto a quanto raccontato da Volpe e
Maccione. Non è dato sapere cosa sia successo, se i ragazzi fossero
presenti o no al delitto, se ci fossero altre persone e quante
fossero.
Quel
che è certo è che il racconto è completamente inventato con
particolari non solo illogici, ma assolutamente impossibili da
realizzarsi nella realtà.
Le
prove relative all’omicidio Marino - Tollis.
Anche
se si confrontano le dichiarazioni dei rei confessi con lo stato di
fatto dei luoghi in cui avvenne il delitto, è assolutamente evidente
che i fatti dovettero svolgersi in modo completamente diverso, e che
nessuno degli imputati (neanche Volpe Maccione e Guerrieri) può aver
commesso il fatto.
Il
racconto dei tre ragazzi, infatti, pur con delle divergenze
significative, concorda sul fatto che la buca ove furono seppelliti i
cadaveri fu scavata di notte e con il solo ausilio di pale e picconi,
che furono forniti da Andrea Bontade (in particolare, quanto alla
tempistica, la buca fu scavata in una notte secondo Pietro Guerrieri,
due notti secondo Andrea Volpe e Mario Maccione).
Il
racconto è assolutamente destituito di ogni fondamento.
La
buca è infatti scavata tra due grossi tronchi di albero, come si
evince dalle foto allegate. I tronchi sono perfettamente a filo,
rispetto ai lati della buca. Ciò significa che il punto dove è
stata scavata la buca è esattamente alla confluenza di un intrigo di
radici di due diversi alberi di grosse dimensioni; stiamo parlando di
un intrigo di radici che possono raggiungere un diametro anche di
decine di centimetri.
Nel
punto prescelto, quindi, è assolutamente impossibile scavare senza
l’ausilio di mezzi meccanici, come una ruspa.
Questa
difesa, avvalendosi dell’aiuto di una collega, di vari testimoni
(che verranno indicati al momento opportuno nell’eventuale
dibattimento) e in particolare della consulenza di Luca Lagrotteria,
che professionalmente si occupa di impianto ed espianto di alberi, ha
potuto constatare personalmente che in quel punto, ma anche in tutta
la zona circostante, è IMPOSSIBILE scavare per più di qualche
decina di centimetri.
A
questa constatazione dobbiamo aggiungere le considerazione che
seguono, che avvalorano ancor di più la tesi secondo cui Volpe e
Maccione hanno mentito su questo punto e i fatti devono aver seguito
uno svolgimento assolutamente diverso.
Inverosimiglianza del
racconto di Volpe e Maccione relativamente alla dinamica dei fatti.
Incompatibilità dei fatti con lo stato di tempo e di luogo.
Ammettendo pure che la
buca potesse essere stata scavata i due venerdì successivi
precedenti all’omicidio, come dice Volpe, o in una sola volta, come
dice Guerrieri, occorre ora fare queste considerazioni:
- Lo scavo di una buca delle dimensioni idonee a contenere due cadaveri (la profondità della buca raggiungeva infatti quasi i due metri) smuove una quantità enorme di terra, pari a circa due metri cubi.
- Nel momento in cui i cadaveri vengono messi dentro alla buca, e questa viene ricoperta, residua una quantità di terra smossa pari alla dimensione dei cadaveri. In altre parole, dopo la sepoltura, accanto alla buca sarebbero rimasto un cumulo di terra di notevoli dimensioni.
Ora, occorre tenere
presente che il luogo prescelto per lo scavo della buca non è –
come talvolta hanno voluto far credere alcuni programmi TV e alcuni
articoli di giornale – un bosco isolato, selvaggio e inaccessibile,
bensì un bosco che sorge accanto ad un centro abitato popoloso, meta
di persone che quotidianamente, anche di inverno, vi si recano a fare
footing, in mountain bike, a cercare funghi, o anche solo per fare
passeggiate e portare a spasso il cane. In particolare, dall’ingresso
del bosco (ingresso situato proprio sul lato destro del Santuario di
Madonna Della Ghianda) fino alla buca, c’è una distanza di circa
un km e mezzo.
Il punto prescelto per lo
scavo della buca, ma generalmente tutto il bosco, è in prossimità
di un sentiero frequentato da persone che vi si recano a passeggio o
in bicicletta. Anche se i media hanno sempre presentato questo bosco
come un bosco inaccessibile e sperduto (“la foresta qui è vergine”
dice Michele Tollis in uno special televisivo sulle Bestie di Satana)
la verità è che si tratta di una boscaglia il cui sentiero di
accesso è alla destra di uno dei santuari più famosi della zona, ed
è frequentassimo; una sorta di giardino per gli abitanti di Somma
Lombardo.
Quello che vogliamo dire,
quindi, è che ben difficilmente i componenti del gruppo avrebbero
potuto scavare la buca manualmente senza che nessuno, anche nei
giorni successivi, notasse la terra smossa.
Troppo alto era il
rischio che qualcuno, anche solo per curiosità, potesse vedere il
cumulo di terra (sia prima che dopo l’omicidio).
Il racconto di Volpe è
assolutamente inverosimile anche nella parte in cui sostiene di
essere tornato il giorno dopo a versare dell’ammoniaca per evitare
che il puzzo dei cadaveri potesse attirare qualche animale.
Le bottiglie con cui
Volpe aveva versato l’ammoniaca sono state ritrovate dagli
inquirenti, e Volpe le ha riconosciute come le bottiglie che a suo
tempo furono lasciate da lui sul posto. Si tratta di due bottiglie di
plastica da un litro e mezzo.
Ora, è assolutamente
evidente che tre litri di ammoniaca non possono penetrare gli strati
superficiali del terreno, arrivare in profondità, ed evitare il
puzzo delle decomposizione di cadaveri.
L’ammoniaca avrebbe
dovuto essere sparsa fino a coprire una superficie di quasi due metri
quadrati e penetrare in profondità. Sarebbero state necessarie, in
altre parole, centinaia di litri di ammoniaca per penetrare alla
profondità dei cadaveri.
Ma vi è di più.
L’ammoniaca non è una sostanza idonea a evitare che l’odore di
cadavere arrivi in superficie. E’ noto infatti che sulle tombe
occorre spargere della calce viva. L’ammoniaca, non solo non evita
l’odore, ma attira gli animali ed è peraltro uno dei prodotti
della decomposizione dei cadaveri.
E’ noto infatti che i
cani e altri animali marcano il territorio con l’urina, e uno dei
componenti principali dell’urina è proprio l’ammoniaca.
Si trascrive di seguito
la definizione di ammoniaca tratta dall’enciclopedia (consultabile
anche su internet) “Sapere”:
Processo
di demolizione progressiva dei composti organici azotati presenti nel
terreno sia come prodotti di escrezione degli organismi viventi sia
come resti di vegetali, di animali e di microrganismi non più
viventi, operato da microrganismi attivi nel terreno agrario fino
alla liberazione di ammoniaca, il cui azoto può essere assimilato
dalle piante mediante nitrificazione. Il disfacimento dei tessuti
morti, spontaneo per autolisi o accelerato dall'intervento di enzimi
batterici esterni, provoca la trasformazione per idrolisi dei
composti azotati complessi in composti azotati man mano più semplici
fino agli amminoacidi; da questi ultimi si arriva alla liberazione di
ammoniaca normalmente per deamminazione ossidativa.
Non si capisce quindi
come e con che criterio i ragazzi avrebbero scelto di cospargere il
terreno di ammoniaca; cioè come e perché abbiano scelto di porre in
essere una mossa che aumentava il rischio del ritrovamento dei
cadaveri, anziché diminuirlo, specie tenendo presente che Sapone –
secondo il racconto ufficiale – “era ossessionato dal delitto
perfetto”.
Non resta che concludere,
anche su questo particolare niente affatto secondario, che esso sia
completamente inventato, oppure che i fatti siano andati in modo
diverso rispetto al racconto ufficiale.
Altro punto della
ricostruzione assolutamente fantasioso è che lo scavo possa essere
avvenuto di notte, nei giorni precedenti al 17 gennaio.
Vediamo perché.
Effettuando un controllo
sulle condizioni meteorologiche di quel periodo (ricordiamo che se i
bollettini meteorologici sono inattendibili per il futuro, sono
invece rispetto al passato assolutamente certi) risulta che nei
giorni precedenti aveva piovuto.
In particolare, risultano
condizioni di pioggia e freddo intenso sia che si prenda per buona la
versione di Volpe (lo scavo è stato effettuato nei due venerdì
precedenti alla notte del delitto) sia che si prenda per buona la
versione di Guerrieri.
Secondo il racconto fatto
da Volpe e Maccione, quindi, lo scavo della buca sarebbe stato
effettuato di notte, e con la pioggia.
Ora, chiunque abbia fatto
anche solo una volta una passeggiata in un bosco di notte, sa che la
visibilità in un bosco è praticamente nulla.
Dovremmo quindi pensare
che i 4 ragazzi abbiano scavato la buca in queste condizioni:
- visibilità assente,
- sotto la pioggia;
- sotto l’effetto di
droghe.
Ciascuna di queste
condizioni è idonea, da sola, a rendere impossibile lo scavo della
buca secondo le modalità descritte, e dunque è idonea a scardinare
completamente il racconto di Volpe e Maccione e dimostrarne
l’inattendibilità; ma che addirittura possano aver concorso queste
tre circostanze contemporaneamente, è una cosa ASSOLUTAMENTE
IMPOSSIBILE.
Altre incongruenze e
assurdità nel racconto di Volpe, Maccione e Guerrieri.
Ci
sono altri aspetti assolutamente incredibili nel racconto di Volpe e
Maccione. Tali aspetti, pur secondari, contribuiscono però a
delineare un quadro complessivo che rende assolutamente necessario
rivedere tutta la vicenda sotto un’altra ottica.
Tra
questi merita un po’ di attenzione il racconto effettuato da Volpe
e Maccione sul loro arrivo nel bosco. Secondo i due rei confessi la
macchina con a bordo i 5 ragazzi sarebbe arrivata nel bosco la notte
del 17 gennaio, da li sarebbero usciti tutti con le mazze e i
coltelli, per avviarsi verso la buca.
Secondo
le versioni fornite al processo Fabio e Chiara non sospettavano nulla
fino all’arrivo al bordo della buca, perché procedevano davanti al
gruppo e quindi non videro le armi in mano a Volpe, Maccione e
Sapone.
Questa
parte del racconto è assolutamente falsa.
Chiunque
abbia provato a camminare in un bosco, di notte, sa che la visibilità
è ridotta praticamente a zero ed è difficile orientarsi anche
qualora si conosca bene il posto. Data la facilità con cui è facile
perdersi in quelle condizioni, qualora un gruppo di persone si
avventuri in un bosco, è costretto a rimanere unito anche per farsi
luce a vicenda con le eventuali torce.
Ora,
invece, stando alla fantasiosa ricostruzione della coppia Volpe –
Maccione, Fabio e Chiara si sarebbero messi alla testa del gruppo, di
notte, senza conoscere la strada, e staccandosi addirittura dal resto
del gruppo.
Si
sarebbero quindi posti alla guida del gruppo senza sapere dove
andare, senza essere mai stati precedentemente in quel posto, senza
sapere il motivo, senza torce elettriche.
Assolutamente
inverosimile poi è il particolare del riccio che Sapone avrebbe
messo nella bocca di Fabio Tollis per “farlo star zitto”.
Un
riccio di castagno, è appena il caso di ricordarlo è dotato di aghi
molto sottili disposti in modo fitto su tutta la superficie del
frutto, e che penetrano nella pelle con facilità.
Qualora
Sapone avesse effettuato una mossa del genere, si sarebbe infatti
prodotto piccole ferite alla mano e l’indomani qualcuno avrebbe
potuto notare il particolare.
Nessun
testimone invece narra di aver notato alcuna ferita sulle mani di
Sapone, né Volpe e Maccione raccontano di questo particolare, che
invece sarebbe stato un importante riscontro oggettivo al racconto
fornito in sede processuale.
Neanche
il signor Tollis, che in teoria è il testimone più imparziale di
questa vicenda, e che il giorno dopo la scomparsa del figlio incontrò
il Sapone, notò questo particolare.
Ma,
testimoni a parte, è comunque inverosimile che Sapone possa aver
forzato con la mano l’introduzione di un riccio nella bocca del
Tollis, a meno che non fosse sotto l’effetto di droghe e
allucinogeni che lo rendessero insensibile al dolore.
Il
problema delle droghe e della capacità di intendere e di volere dei
presunti assassini.
Questa
considerazione sul riccio infilato nella bocca di Fabio Tollis ci
introduce ad un’altra problematica, non affrontata al processo con
il necessario approfondimento, stante l’importanza della questione.
La
domanda è se la notte del delitto Volpe Maccione e Sapone –
ammesso e non concesso che fossero loro gli assassini – fossero
lucidi o sotto l’effetto di droghe.
La
questione non è di secondaria importanza, ma al contrario è un
tassello fondamentale per comprendere tutta la vicenda. Infatti delle
due l’una:
se
gli assassini erano lucidi, come afferma Volpe, e come sostiene
la sentenza di primo grado, il racconto diventa per ciò stesso
destituito di ogni fondamento perché dovremmo ipotizzare che sia il
gruppo di ragazzi – i quali, a quanto è stato accertato facevano
uso abituale di droghe pesanti – avessero un controllo di loro
stessi e delle loro azioni tale da riuscire a fare a meno delle
droghe mediante un semplice atto di volontà.
Ma
tale conclusione va contro quella che è la comune esperienza in
fatto di tossicodipendenze, in quanto è notorio che il
tossicodipendente (la parola fa infatti espressamente riferimento
alla “dipendenza” che danno gli stupefacenti) non riesce a fare a
meno di drogarsi, in particolare quando deve commettere atti
particolarmente atroci che richiedono una forza di volontà notevole.
Altrimenti, per definizione, non è un tossicodipendente. In altre
parole, è assolutamente non credibile che il gruppo di ragazzi possa
aver deciso di sospendere l’assunzione di droghe perché – come
narra Volpe in uno degli interrogatori – “Sapone pretendeva che
per uccidere fossero lucidi”. Risulta maggiormente credibile dunque
che Volpe Maccione e Sapone fossero sotto l’effetto di droghe anche
quella sera.
Ricordiamo
soprattutto che Maccione all’epoca era minorenne; e avrebbe ucciso
il suo miglior amico, Fabio Tollis, con una freddezza e
determinazione d’animo degni di un killer (o serial killer)
professionista.
Più
credibile quindi la versione che Maccione fornisce nel libro
“L’inferno tra le mani”, che fossero tutti sotto l’effetto di
droghe.
Se
però gli assassini erano sotto l’effetto di droghe, riesce
molto difficile se non impossibile, ipotizzare che sotto l’effetto
di stupefacenti possano aver ricoperto la buca, essersi lavati dalle
tracce di sangue senza lasciare tracce.
In
altre parole:
1)
Lucidi non potevano essere, essendo difficile che un
tossicodipendente possa sospendere l’assunzione di droghe a suo
piacimento e abbia un pieno controllo di se stesso;
2)
Sotto l’effetto di droghe non avrebbero potuto commettere un
omicidio e poi ricoprire la buca ed andarsene senza lasciare tracce.
Residua
una terza possibilità, che a nostro parere è quella corretta: che i
fatti siano andati in modo diverso.
I reperti trovati
nella buca di Somma Lombardo; i filtri di sigaretta.
Che il racconto di Volpe,
Maccione e Guerrieri sia tutta un’invenzione risulta anche in modo
inequivocabile da alcuni particolari, apparentemente minimi, ma
fondamentali per ricostruire il quadro complessivo della vicenda.
Sul luogo in cui fu
scavata la buca infatti furono ritrovati un piccone e alcuni
contenitori di ammoniaca vuoti, il che, secondo la perizia,
confermava la dichiarazioni di Volpe.
Dentro la buca invece, e
dunque sepolti sotto terra, vennero ritrovati tre filtri di sigaretta
e un pacchetto di Diana Blu, oltre a 4 guanti in lattice (da notare
che a pag. 9 della perizia c’è scritto che le sigarette sono
Marlboro Rosse, mentre a pag. 81 nell’elenco dei reperti vengono
indicate delle Diana Blu).
Ora è evidente
l’impossibilità di ritrovare dopo oltre sei anni dei mozziconi di
sigaretta. I mozziconi di sigaretta, come sa chiunque abbia mai
osservato una sigaretta, sono costituiti da tabacco e arrotolati con
della carta, il che significa che sono composti di materiale
destinato a decomporsi completamente dopo poche settimane. L’unica
parte della sigaretta che offre un minimo di resistenza al tempo è
il filtro; il filtro di tutte le sigarette in commercio è costituito
da acetato di cellulosa, che è una sostanza organica, di natura
vegetale, destinata quindi a decomporsi in un periodo variabile da
qualche mese a (massimo) due anni a seconda della tecnica impiegata
per la produzione.
Impossibile quindi che i
mozziconi di sigaretta fossero rimasti sotterrati per sei anni, e
fossero riconoscibili dopo questo lunghissimo arco temporale.
Non resta che concludere,
quindi per questa possibilità: la buca di Somma Lombardo non fu
scavata nel 1998, il giorno della scomparsa di Fabio e Chiara ma
diversi anni più tardi. E soprattutto non fu scavata con pale e
picconi ma con mezzi meccanici.
Il particolare non fu
rilevato all’epoca, probabilmente per una serie di fattori dovuti
alla complessità della vicenda e alla rapidità con cui, in quel
periodo, si succedevano gli eventi; inoltre i periti incaricati dal
tribunale di redigere la Perizia medico legale erano un antropologo,
un archeologo e un genetista forense, quindi senza competenza
tecniche precise in materia di decomposizione dei materiali e, per
giunta, nel quesito medico legale si chiese di “identificare i
cadaveri” e di accertare se le ferite e gli altri particolari
fossero compatibili con il racconto fornito dalle persone indagate.
Ma, in effetti l’analisi
complessiva spettava a chi faceva le indagini, non al perito, ed è
probabilmente questo il motivo dell’omissione.
Se all’epoca questo
particolare è sfuggito, oggi esso deve essere valutato in tutta la
sua importanza, perché anche solo da esso si evince la falsità
totale del racconto di Volpe Maccione e Guerrieri.
Conclusioni
sull’omicidio Tollis-Marino
In conclusione, è
possibile concludere che:
- la buca non fu scavata da Volpe Maccione Sapone e Bontade, manualmente, nei due venerdì antecedenti l’omicidio. Lo scavo è stato effettuato probabilmente con mezzi meccanici, e con attrezzature idonee a rimuovere anche i cumuli di terra smossa residuanti dopo la sepoltura dei cadaveri, in condizioni di tempo e luogo completamente differenti rispetto al fantasioso racconto dei rei confessi di questa vicenda.
- Con molta probabilità i cadaveri di Fabio e Chiara non sono stati seppelliti la notte del 17.1.1998, ma sono stati seppelliti in un momento diverso, perché solo in questo modo si sarebbe potuto evitare che i cadaveri fossero portati alla luce dagli animali o dai cani che circolano nella zona. Questa considerazione, apparentemente notevole, è assolutamente avvalorata dal ritrovamento dei mozziconi di sigaretta durante lo scavo della buca; dal momento che i mozziconi di sigaretta si decompongono dopo poche settimane, e che i filtri (che sono la parte più resistente della sigaretta) possono rimanere integri per un tempo massimo di due anni (e comunque non certamente sei anni dal gennaio 1998 al maggio 2004), è evidente che lo scavo della buca è avvenuto in tempi diversi, e soprattutto con MODALITA’ diverse rispetto al racconto di Volpe e Maccione.
In conclusione: Volpe,
Maccione e Guerrieri hanno mentito in modo plateale e tutta la
ricostruzione relativa a questa vicenda deve essere riscritta.
Gli omicidi
collaterali: le morti di Grasta, Ballarin, Molla e Frigerio.
La vicenda delle Bestie
di Satana è nota al pubblico soprattutto per gli omicidi Tollis e
Marino, nonché per la morte di Andrea Bontade e Mariangela Pezzotta.
Ma in realtà ad essa
sono intimamente connesse altre vicende meno conosciute, ma
fondamentali per ricostruire il quadro complessivo della vicenda: la
morte di Andrea Ballarin, Antonino Grasta, Doriano Molla, e la
scomparsa di Christian Frigerio.
Per queste vicende sono
stati posti in essere diversi procedimenti. In essi Volpe e Maccione
accusano, ancora una volta, Leoni e Sapone di vari omicidi. Ma, come
stiamo per vedere, per almeno due di essi Sapone e Leoni risulteranno
completamente innocenti e Volpe sarà processato per calunnia (si
pensi che nella data dell’omicidio Grasta Sapone era addirittura a
Cuba in vacanza).
Maccione poi, sia in
interviste che nel suo libro “L’inferno tra le mani”, sostiene
che gli omicidi commessi dalla setta della Bestie di Satana sarebbero
molti di più di quelli per i quali sono stato iniziati (e
archiviati) vari procedimenti penali. Il ragazzo infatti fa i nomi
anche di Stefano Longone, Luca Colombo, Giuseppe Lombardo e altri
ancora. 18 omicidi, secondo Maccione, sarebbero attribuiti alle
Bestie di Satana.
Vediamo più in dettaglio
i contorni di questa assurda vicenda delle morti collaterali.
Omicidio Ballarin.
Nel maggio del 1999
veniva trovato impiccato nel cortile di una scuola di Somma Lombardo
Andrea Ballarin, di 22 anni. La scuola era vicinissima all’abitazione
di Volpe, e a poche centinaia di metri dal Santuario di Madonna della
Ghianda dove parte il sentiero che porta alla buca in cui furono
sepolti Fabio e Chiara.
Volpe accuserà Paolo
Leoni e Nicola Sapone di aver commesso l’omicidio, accusando anche
se stesso, ma la ricostruzione dei fatti così come venne fornita dal
Volpe era talmente fantasiosa che il procedimento venne archiviato.
Nell’interrogatorio del
19.7.2004 davanti al tribunale di Monza, Volpe dichiarerà che Leoni
avrebbe ucciso il Ballarin per prendersi una rivincita ed essere
risarcito del fatto che non aveva potuto ammazzare Chiara Marino, pur
non conoscendo – per stessa ammissione di Volpe – il Ballarin.
La dinamica
dell’omicidio, poi per come fu raccontata dal Volpe era questa:
Volpe Sapone e Leoni, dopo aver caricato in auto (una Peugeot 205) il
Ballarin precedentemente addormentato, si avvicinavano al cancello
della scuola, che era chiuso. Leoni scavalcò il cancello e Volpe e
Sapone, dopo essere saliti sul tetto dell’auto, avrebbero gettato
il corpo inanimato del Ballarin al di là del cancello. Le domande
che sorgono spontanee di fronte ad una ricostruzione del genere sono
le seguenti:
- quanto pesava Andrea Ballarin, per poter essere agevolmente issato sul tetto dell’auto, e poi scaraventato di peso dall’altra parte del cancello?
- Come è possibile che i ragazzi fossero saliti in tre (Volpe e Sapone, più il Ballarin) sopra al tetto dell’auto, senza rovinare in modo irrimediabile l’auto e senza porsi il problema delle domande e della curiosità che avrebbe suscitato tra amici parenti e conoscenti un tetto rovinato irrimediabilmente dal peso dei tre ragazzi?
- Perché inscenare una farsa di questo tipo, in un luogo abitato, col rischio di essere scoperti, e non ucciderlo più agevolmente altrove, nei boschi o in altro luogo meno adiacente al centro abitato?
Il procedimento, infatti,
proprio per l’assurdità della ricostruzione, non ha mai avuto
seguito; il PM Baraldo chiederà la condanna di Volpe per false
dichiarazioni al PM, essendosi accorto che egli mentiva, ma il
procedimento verrà archiviato per intervenuta prescrizione.
In altre parole: Volpe ha
certamente mentito, si è inventato un omicidio (il tutto
avveniva durante lo svolgimento del processo alle Bestie di Satana)
ma ciò non è stato considerato rilevante ai fini della valutazione
della credibilità del Volpe.
Queste le parole di Volpe
in sede di interrogatorio avvenuto il 18/4/2008 davanti alla
procuratore di Monza, Antonio Pizzi: i dettagli che ho riferito
circa la modalità di esecuzione dell’omicidio sono dettagli da me
inventati ed ho preso a riferimento circostanze e cose che io sapevo
essere in possesso o comunque nella disponibilità sia del Sapone che
del Leoni. Ad esempio mi riferisco al machete all’etere, al nastro
da idraulico, ecc. ALL
Omicidio Grasta.
Nel gennaio del 2000
viene rinvenuto in un bosco a Lonate Pozzolo il cadavere di Antonino
Grasta, ucciso a colpi di arma da fuoco.
Nel gennaio 2005, quindi
quando il processo alle Bestie di Satana era ormai in fase avanzata e
Volpe aveva già da tempo “confessato” gli omicidi Marino e
Tollis, chiamando in causa gli altri componenti della presunta setta,
Volpe accusa il Sapone di essere l’assassino del Grasta.
Sennonché, da un rilievo
effettuato dalla polizia giudiziaria dell’epoca, Sapone risultò
essere a Cuba il giorno dell’omicidio.
Per questo motivo il PM
di allora chiese il rinvio a giudizio di Volpe, che fu assolto con
sent. 271/09 dal Tribunale di Busto Arsizio per “mancanza di dolo”.
Volpe infatti si sarebbe inventato un omicidio, ma non avrebbe avuto
la volontà di calunniare, perché il delitto gli era stato
raccontato da terze persone e quindi Volpe era convinto di dire la
verità.
L’omicidio Grasta
rimane ad oggi insoluto, senza assassino e senza movente, con
un’unica certezza: Sapone aveva un alibi di ferro per
quell’omicidio e non poteva essere stato, e Volpe ha accusato
ancora una volta uno degli amici dell’epoca, di un omicidio mai
commesso.
Perché?
Anche se in questa
vicenda l’accusa non riguarda specificatamente Paolo Leoni, la
vicenda è comunque importante per valutare complessivamente la
personalità di Andrea Volpe; una persona che non esita a inventare
omicidi inesistenti, per quali fini è difficile capire.
Suicidio Molla.
Nel 2000 viene trovato
morto, apparentemente suicida, un ragazzo in un bosco a Cavaria di
Premezzo.
La madre, Flaviana
Cassetta, per anni ha sostenuto, sia davanti al PM Pizzi, sia in
trasmissioni televisive e in interviste giornalistiche che fosse
stato ucciso dalle “Bestie di Satana”, ma il procedimento di
indagine fu archiviato dal GIP Nicoletta Guerrero.
Le indagini relativamente
alla morte del Molla – che secondo Maccione sarebbe stata da
attribuire alla setta delle BDS – e nell’ambito del quale è
stato sentito anche recentemente Paolo Leoni, sfoceranno
nell’archiviazione del procedimento.
Il 21 febbraio 2012 pochi
giorni prima che questa difesa potesse incontrare la madre di Doriano
Molla per un colloquio – come era stato preventivamente concordato
al telefono – la signora Cassetta è stata trovata morta impiccata,
pare con le stesse modalità con cui fu trovato morto il figlio
(ovverosia con un filo elettrico attorno al collo).
La scomparsa di
Christian Frigerio
Raccontiamo ora la
vicenda di Christian Frigerio.
Christian
Frigerio lavorava come operaio in un'impresa edile.
Il
14 novembre 1996, mentre si trovava fuori per lavoro, ha fatto una
strana telefonata al fratello, dicendogli di non muoversi da casa.
Alle
18, dopo essere rientrato a casa, è uscito di nuovo in bicicletta
nonostante la pioggia. Da allora di lui non si è saputo più nulla.
Nemmeno la sua bicicletta è mai stata ritrovata.
Dopo
la scoperta dell'omicidio di Fabio Tollis e Chiara Marino la madre di
Christian Frigerio è preoccupata per alcune coincidenze con il
comportamento del figlio negli ultimi tempi prima della sua
scomparsa. In particolare la signora ricorda di avergli sentito
nominare le Bestie
di Satana,
di avergli visto al collo un simbolo satanista e sul corpo quelle che
sembravano bruciature e segni di morsi come quelli notati dai
genitori dei due giovani assassinati. Christian Frigerio, inoltre,
era preoccupatissimo per l'incolumità del fratello, come se temesse
ritorsioni su di lui da parte di qualcuno.
A
seguito delle rivelazioni fatte da un amico di Christian Frigerio, il
Procuratore della Repubblica di Monza Antonio Pizzi, ha deciso di
riaprire il fascicolo, ormai archiviato, sulla scomparsa del ragazzo.
Dalle
indagini non è mai emerso nulla. Volpe accuserà Leoni e Sapone
dell’omicidio di Frigerio, sono stati effettuati scavi per
ritrovare il corpo ma niente di niente è venuto fuori a carico di
Paolo Leoni e degli altri ragazzi coinvolti nella vicenda.
Il
procedimento (PP 11363/07 mod. 21, RGNR) iscritto presso la procura
di Monza, veniva archiviato.
Le indagini e il processo. Le lacune.
Quasi a conclusione della
richiesta di revisione, vorremmo ora sottolineare alcune
incongruenze, omissioni, e palesi errori commessi in fase di
indagine, in fase processuale e nella sentenza di primo grado.
L’accorpamento (fase
processuale, di indagine, e sentenza) si rende necessario per diverse
ragioni.
In primo luogo si tratta
di una vicenda lunghissima; essa prende le mosse il 17 gennaio 1998,
giorno della scomparsa di Fabio Tollis e Chiara Marino cui segue un
lungo periodo in cui sostanzialmente non viene fatta alcun indagine,
dopodiché a partire dal gennaio 2004, giorno dell’uccisione di
Mariangela Pezzotta e dell’arresto di Andrea Volpe, vengono
effettuate delle indagini che, in pochissimi mesi, portano al rinvio
a giudizio dei ragazzi condannati, con un procedimento processuale
che si chiude rapidamente, se consideriamo i tempi della giustizia
italiana da una parte, e la complessità della vicenda all’altra
(si parla infatti di 4 omicidi e 9 persone coinvolte come imputati);
si tratta quindi di una vicenda non solo lunga, ma complicatissima e
dai mille risvolti, con diverse morti collaterali, si che
ripercorrerla tutta evidenziando le incongruenze e gli errori, i
punti deboli, richiederebbe centinaia di pagine e renderebbe
impossibile a chi legge queste righe capire veramente come stanno le
cose. Anche perché la vicenda non termina nel 2008 ma, come
sappiamo, prosegue con gli ulteriori omicidi o scomparse attribuiti
alla Bestie di Satana e con gli ulteriori procedimenti aperti a
seguito di queste vicende.
In secondo luogo, essendo
il fascicolo del PM costituito da centinaia di faldoni, ed essendo
stati tali faldoni trasportati in un magazzino diverso dalla sede del
tribunale, a questa difesa non è stato possibile accedere a tutto il
fascicolo e ripercorre la vicenda completamente; ci siamo dovuti
infatti servire degli atti a noi messi a disposizioni dal collega
Avv. Traini (difensore di Paolo Leoni in tutti i gradi del
procedimento fino alla Cassazione), che necessariamente erano
selezionati con un criterio diverso rispetto al metodo che si deve
seguire in sede di revisione.
Iniziando dalle indagini,
la prima cosa che salta agli occhi con un’evidenza da togliere il
fiato, è la totale assenza di qualsiasi indagine effettuata prima
del 2004; dalla scomparsa di Chiara Marino e Fabio Tollis non è
stato fatto alcun atto di indagine. Nessuna ricerca. Nessuna
assunzione di informazione da possibili testimoni, amici o parenti.
La signora Marino aveva
anche avvertito i carabinieri di un possibile collegamento tra la
scomparsa della famiglia e la frequentazione di costei con sette
sataniche. Ma nulla di nulla è stato fatto. Brilla quindi per
l’inerzia l’attività della polizia giudiziaria mentre al
contempo brilla per la febbrile attività di ricerca, la figura del
padre di Fabio Tollis, Michele, che in quegli anni raccoglie
informazioni, ascolta possibili testimoni, parla con i familiari.
Dalla fine di gennaio del
2004 – data della morte di Mariangela Pezzotta - partono le
indagini vere e proprie, di cui sottolineiamo alcune assurdità:
La testimonianza di
Patrizia Silvestri e la sua successiva morte.
Patrizia
Silvestri era una satanista, molto nota nell'ambiente, perché era
affiliata a diverse organizzazioni sataniche, tra cui gli Eletti di
Satana (fondata, pare, da lei, il marito e l'amante), e aveva
collegamenti con altre realtà sataniche, di cui era quindi una
profonda conoscitrice, come la Chiesa di Satana di Anton La Vey.
Proveniva da una famiglia molto altolocata ed era un grado elevato in
alcune organizzazioni.
I
carabinieri che indagano sulla vicenda delle Bestie di Satana
decidono di ascoltarla per prendere alcune informazioni sul satanismo
in genere e per vedere di inquadrare meglio il contesto nell'ambito
del quale le vittime e i presunti carnefici di questa storia si
muovono. I carabinieri la raggiungono il 1 marzo del 2004 a Roma per
porle delle domande.
Come
si può leggere nel verbale allegato, Patrizia Silvestri fornisce
informazioni interessanti e indica addirittura, deducendolo
dall'arredamento della sua stanza da letto, così come gli è stata
descritta dai carabinieri, l'organizzazione satanica cui
probabilmente era affiliata Chiara Marino.
Come
si può leggere nel verbale, la donna indica addirittura il nome di
uno dei capi della setta in cui era inserita Chiara, del resto già
noto agli inquirenti e alle cronache.
L'informazione
data era importantissima e suscettibile di essere approfondita
meglio. I carabinieri in base alle informazioni ricevute dalla
Silvestri avrebbero potuto - e dovuto - individuare gli altri
componenti della setta e indagare su di loro per accertare se c'era
un collegamento tra la morte di Chiara e gli affiliati
all'organizzazione di cui ella faceva parte.
Nulla
di tutto questo viene fatto.
Come
sappiamo, viene individuata invece una setta inesistente, ovverosia
le Bestie di Satana, senza un'organizzazione, senza testi di
riferimento, senza una dottrina, senza un sistema di reclutamento e
affiliazione, senza una gerarchia (ricordiamo infatti che al processo
i rei confessi dimostrarono di non avere la minima idea delle formule
rituali da utilizzare in un rito satanico, non avevano una filosofia,
un credo, un esoterista di riferimento, dei libri di testo, e a
domanda precisa Volpe non seppe neanche spiegare la differenza tra
luna piena, luna nuova, novilunio, cioè i concetti base del
satanismo e della ritualità; non esisteva neanche una gerarchia, dal
momento che come capi sono stati indicati di volta Sapone, Volpe,
Leoni, e addirittura nell’ultimo libro L’inferno tra le mani,
Maccione indica Zampollo come la mente del gruppo).
Una
setta, insomma, che farebbe ridere qualunque satanista vero. E
vengono arrestati Leoni, Monterosso, Zampollo e Sapone, che non
avevano mai fatto parte di alcuna setta satanica.
Patrizia
Silvestri verrà trovata decapitata a Roma nel 2006. Il suo cadavere
verrà ritrovato in una stazione di servizio, al mattino, dal gestore
della stazione.
Qualche
anno dopo morirà assassinata anche la persona che la Silvestri aveva
indicato come il capo della setta a cui apparteneva Chiara Marino,
tale Leonardo Mita, detto Walter nell’ambiente del satanismo,
mentre come assassino venne indicato il marito della donna, che è
tuttora in carcere.
Mancato sequestro e
analisi del giubbotto di pelle di Nicola Sapone
Non è stato sottoposto
ad analisi da parte del RIS il giubbotto di pelle indossato da Nicola
Sapone la notte del delitto di Chiara Marino e Fabio Tollis; è noto
che i giubbotti di pelle vengono lavati raramente e a secco, dunque
questa analisi avrebbe permesso di evidenziare con il Luminol
eventuali tracce di sangue rimaste sul giubbotto; come abbiamo detto,
infatti, per commettere un delitto del genere è stata versata una
quantità di sangue ingente, tale letteralmente da “inzuppare” da
capo a piedi gli eventuali assassini. Questa sarebbe stata non una
semplice prova tra le tante, ma la prova regina per inchiodare il
Sapone alle sue responsabilità e soprattutto per confermare la
validità del racconto di Volpe e Maccione.
Mancata verifica della
compatibilità del racconto di Volpe e Maccione con lo stato dei
luoghi a Somma Lombardo
Per poter affermare che
Volpe e Maccione fossero credibili nel loro racconto, era altresì
necessario effettuare un esperimento per verificare se, di notte, e
in pieno gennaio, fosse possibile che i ragazzi avessero a suo tempo
potuto ritrovare la buca in mezzo al bosco, individuandola con
sicurezza.
La verità è che se si
fosse effettuato un simile esperimento si sarebbe constatata una
circostanza banale, ma idonea ad abbattere tutto il racconto dei
collaboratori: non è possibile trovare la buca di notte, perché la
visibilità è pari a zero, e sarebbe stato impossibile orientarsi
nel bosco, a meno di non aver collocato in modo molto evidente dei
segnali convenzionali; segnali convenzionali di cui non c’è
traccia nel racconto di Volpe e Maccione, e che comunque non sarebbe
stato possibile collocare per il semplice motivo che avrebbero potuto
essere notati dai molti frequentatori del bosco, o dalla polizia
provinciale di pattuglia in quella zona.
Ad ogni modo, non è
stata effettuata nessuna domanda sul punto, Volpe e Maccione non
fanno cenno al modo in cui per loro fu possibile individuare la
buca.
E la verità è che anche di giorno, e con la lucidità di una persona normale (non quindi sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, come normalmente erano Volpe Maccione e Sapone) è molto difficile ricordarsi il punto dove è posizionata la buca ed è facile perdersi.
E la verità è che anche di giorno, e con la lucidità di una persona normale (non quindi sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, come normalmente erano Volpe Maccione e Sapone) è molto difficile ricordarsi il punto dove è posizionata la buca ed è facile perdersi.
Volpe Maccione e Sapone
invece avrebbero trovato senza difficoltà la strada, di notte, e
sotto l’influsso di droghe.
Anche qui, un’indagine
anche solo un poco più approfondita, avrebbe potuto dimostrare la
totale inverosimiglianza del racconto.
Ora, su questo punto
questa difesa rivolge un appello decisamente poco ortodosso al
Magistrato Giudicante, ma che ritieniamo di somma importanza. Pur
consapevoli della mole di lavoro della aule giudiziarie, consapevoli
del fatto che non sarebbe compito del giudicante effettuare una sorta
di indagine in proprio, vogliamo rivolgere una preghiera affinché
chi legge queste righe decida di verificare di persona lo stato dei
luoghi, e il percorso fatto dagli assassini (il luogo si individua
facilmente, essendo proprio a latere del Santuario di Madonna della
Ghianda, a Somma Lombardo). Questa vicenda ha visto, ad oggi, troppe
omissioni, troppi errori, e troppe negligenze, ma si tratta di una
vicenda dal rilievo internazionale, che vede in carcere almeno 4
ragazzi innocenti (Paolo Leoni, Nicola Sapone, Eros Monterosso e
Marco Zampollo), con 4 morti che attendono ancora di avere una
risposta, un perché.
Merita quindi la vicenda,
per l’importanza e per la gravità dei fatti, che prima di
respingere l’istanza di revisione, chi dovrà giudicare si rechi
personalmente sul posto e si domandi se era possibile, in quel bosco,
di notte, commettere quegli omicidi e poi farla franca per sei anni
senza lasciare traccia alcuna.
Provi il giudicante a
percorrere la strada che in teoria avrebbero dovuto percorrere gli
assassini, guardi la buca e si domandi se la ricostruzione dei fatti
è verosimile o anche solo “possibile”. Si constaterà di persona
che è impossibile che i racconti di Volpe, Maccione e Guerrieri
contengano qualcosa di vero.
Venendo al processo
invece:
- non si tiene conto di un processo parallelo, il caso Ballarin. Si tratta, come abbiamo evidenziato nel capitolo “morti collaterali” di un processo che è stato stralciato da quello principale, in cui Volpe ha mentito inventandosi un omicidio di sana pianta, ma per il quale non c’è stata alcuna condanna per calunnia a causa dell’intervenuta prescrizione; ora, a prescindere dalla calunnia che in questa sede non ci interessa, a noi sembra comunque assurdo che non si sia mai tenuto nel debito conto questa circostanza, né nel processo di primo grado, né in quello di secondo grado, ai fini della valutazione complessiva della credibilità di Volpe;
- non viene mai messo a confronto Paolo Leoni, ma neanche gli altri imputati, con gli accusatori e rei confessi Maccione Volpe e Guerrieri1; questo, secondo la Corte, a causa della natura eccezionale di tale strumento di prova a fronte della completezza dell’istruzione dibattimentale. Insomma, per la Corte non è stato opportuno mettere a confronto accusatori ed accusati perché il quadro probatorio era completo; un quadro probatorio costituito dalle confessioni di soggetti che si sono contraddetti a vicenda, e hanno cambiato diverse volte versione, mentre parallelamente si svolgeva un altro processo per omicidio (il processo Ballarin e poi il processo Grasta), stralciato dal processo principale, in cui Volpe veniva poi processato e verrà accertata la calunnia, ove ammetteva candidamente di aver mentito, negando la sua responsabilità, perché “si sentiva in colpa nei confronti del compagno di scuola”2.
- Verrà dimostrato che Paolo Leoni era al lavoro il mattino del 17/1/1998 in cui, stando a quanto affermano Volpe e Maccione venne deciso alla fiera di Senigallia l’omicidio di Fabio Tollis e Chiara Marino (ALL..); ma di tale circostanza non si terrà alcun conto al fine di delineare il ruolo di Leoni in tutta la vicenda, sostenendo la Corte3 che Leoni avrebbe comunque potuto assentarsi durante la pausa pranzo (precisamente dalle 13,30 alle 14 circa), arrivare dalla Metro di Cesano Boscone, dove lavorava come addetto al bancone del pesce, alla Fiera di Senigallia, e poi tornare in tempo per riprendere il lavoro. Insomma, un duplice omicidio complesso, deciso e organizzato in mezz’ora, senza tenere conto dei tempi di percorrenza!!!
Conclusioni
In conclusione, abbiamo
evidenziato come la condanna di Paolo Leoni all’ergastolo si basa
prevalentemente (o solo) sulle testimonianze di Volpe Maccione e
Guerrieri, giudicati, all’epoca dei fatti, attendibili. Sennonché,
nel corso degli anni, abbiamo assistito ai seguenti fatti:
- la pervicace volontà di Volpe in primo luogo, ma anche di Maccione, di accusare Leoni e gli altri, in particolare Sapone, di omicidi rivelatisi assolutamente infondati;
- l’emersione di particolari nuovi, assolutamente incompatibili con la dinamica dei fatti così come ricostruita al processo, da parte di Mario Maccione;
- elementi di fatto che devono essere valutati sotto una luce nuova, non considerati al tempo del processo, quali:
1)
la posizione della buca e lo stato dei luoghi, incompatibili con la
ricostruzione effettuata da Volpe e Maccione sulla sera del delitto
Marino-Tollis.
2)
ritrovamento dei mozziconi di sigaretta nella buca, circostanza
idonea da sé a inficiare tutta la ricostruzione di Volpe e Maccione
perlomeno relativamente alla presunta data della morta, che deve
essere quantomeno datata qualche anno più tardi.
Per quanto riguarda il
processo, abbiamo evidenziato le lacune in fase di indagine, e i
principali punti deboli della sentenza di primo grado ovvero:
- la mancata audizione di una testimone che poteva rivelarsi una chiave di volta dell’inchiesta, che ebbe a rilasciare dichiarazioni importanti, fornendo spunti di indagine che non vennero approfonditi (Patrizia Silvestri, che morirà decapitata pochi anni dopo);
- il mancato confronto processuale tra Paolo Leoni e i suoi accusatori;
- il mancato approfondimento dell’imputabilità dei rei confessi, Volpe Maccione e Leoni (se fossero capaci di intendere e di volere o meno al momento dei fatti. Il che, si noti bene, non avrebbe rilevato ai fini della pena e della colpevolezza, ma ai fini di stabilire dal punto di vista probatorio se fosse possibile che dei tossicodipendenti avessero potuto commettere dei delitti simili, senza lasciare alcuna traccia, e rimanendo impuniti per anni).
- La mancanza di un movente attendibile per gli omicidi Tollis Marino (di volta in volta ricondotti, a seconda delle versioni, a questione di soldi, al sacrificio rituale satanico, alla volontà di trasformare i ragazzi in zombie e per giunta su richiesta dello stesso Tollis, al fatto che Chiara fosse la Madonna e Fabio si fosse opposto all’omicidio di Chiara)
Analizzando la vicenda
nel complesso, e ripercorrendola dall’inizio ad oggi, risulta
quindi chiaro che tutta la vicenda deve essere completamente
riscritta.
Delle due l’una: o non
sono Volpe e Maccione, gli assassini, oppure sono loro, ma certamente
le modalità degli omicidi sono completamente diverse da quelle
raccontate,
In tutta questa vicenda
c’è una sola certezza: Volpe Maccione e Guerrieri hanno mentito su
tutto, dai particolari più importanti a quelli meno importanti. Ed
essendo la condanna di Paolo Leoni fondata solo, o prevalentemente,
sulle dichiarazioni di costoro
si chiede:
la revisione del processo
a carico di Paolo Leoni, l’annullamento della sentenza indicata;
stante la gravità e la
concordanza delle nuove prove emerse si chiede l’immediata
liberazione di Paolo Leoni ai sensi dell’articolo 635 cpp.
Avv. Paolo
Franceschetti
Allegati
Elenco:
- Procura speciale
- Copia conforme sentenza secondo grado
- Pennetta USB contenente i seguenti documenti: a) Perizia CTU ritrovamento resti Marino Tollis; b) bollettino meteorologico dei giorni dello scavo della buca; c) foto bosco Somma Lombardo e particolari dello scavo della buca; d) copia sentenza primo grado; e) copia sentenza secondo grado; f) verbale assunzione informazione patrizia Silvestri; g) Copia sentenza omicidio Grasta: h) Esame Pietro Guerrieri; i) Esame e interrogatori Mario Maccione; L) esame e interrogatori Andrea Volpe.
In
raccoglitore a parte:
- Perizia CTU ritrovamento resti Marino – Tollis (disponibile anche in formato elettronico su penna)
- bollettino meteorologico dei giorni dello scavo della buca di Somma Lombardo (disponibile anche in formato elettronico su penna)
- foto del bosco di Somma Lombardo, e della buca (disponibile anche in formato elettronico su penna)
- libro di Maccione “L’inferno tra le mani”.
- Copia conforme sentenza primo grado (disponibile anche in formato elettronico su penna)
Nota. In caso di
smarrimento, e comunque per una consultazione più agevole in
qualsiasi momento, si fa presente che i verbali e i principali
documenti ufficiali sono stati scannerizzati e messi on line nel sito
“la verità sulle Bestie di Satana”
www.bestiedisatana.blogspot.com”
1
Corte Assise App Milano, pag. 29.
2
Interrogatorio del 19/7/2004, all.
concordo con l'avv. franceschetti per l'assoluzione dei ragazzi.
RispondiEliminaconcordo anche io ma temo che il muro di gomma regga anche questa volta. I ricorsi di appello e cassazione presentati da Leoni ai tempi, già bastavano e avanzavano a DEMOLIRE totalmente le sentenze, eppure non sono serviti a nulla..
RispondiEliminaLo so anonimo. Lo so che già ai tempi fu tutto inutile. Ma non per questo bisogna rinunciare a provarci. Leoni, sapone, Monterosso e Zampollo, e la Ballarin, sono in carcere completamente innocenti ed estranei alle accuse formulate. Che altro si potrebbe fare?
RispondiEliminaPeraltro qualche giorno fa Nicola Sapone in carcere mi ha detto "si Paolo, quello che dici è giusto... le prove ci sono. Ma c'erano anche all'epoca. Io non ho molta fiducia". E io ho risposto "abbiamo altre possibilità?" e lui ha annuito non troppo convinto.
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